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Author: carlab

MULADHARA- LE “RADICI” DEL FEMMINILE (E DEL MASCHILE)

Posted by carlab on 19 Agosto 2023 | Leave a response
donna nel sole

Il femminile viene frequentemente connotato negativamente nella nostra società (passività, discontinuità.) Queste stesse caratteristiche possono essere viste in maniera completamente differente, come punto di forza e qualità insite nel potere generativo.

di Fiorenza Zanchi

Nuovi occhi

Se, per esempio, al di là di connotazioni culturali, sociali, ideologiche e psicologiche, proviamo a vedere come femminile e maschile si esprimono nelle nostre cellule germinali (gameti), scopriamo che lo sguardo sulle valenze del femminile, così come del maschile, è spesso costituito solo da stereotipi inadeguati.

L’ ovulo, cellula seminale femminile e lo spermatozoo, cellula seminale maschile, sono i nostri capostipiti biologici, dalla loro unione prende origine ognuno di noi che esprimerà, in misura diversa, le caratteristiche di entrambi.

i miei nonni i miei genitori ed io

Con le loro peculiarità, sono i portatori dell’incredibile energia che permette l’inizio di una nuova vita.  Nel simbolismo dei chakra dello yoga, in quanto radici da cui corpo e mente si sviluppano, vengono attribuiti per analogia, al primo chakra: Muladhara, letteralmente proprio “radice”.  È il chakra della base, potentissimo, capace di dare appoggio, determinare e sostenere tutto ciò che da esso si origina. Muladhara, la radice, è la potenzialità di un processo. Così il seme è in potenza ciò che da esso si svilupperà.

Facciamo un viaggio alla scoperta di queste radici/Muladhara, i semi da cui prendiamo origine, per uscire dagli stereotipi di genere e acquisire nuovi occhi grazie alla consapevolezza delle loro specificità e potenzialità tra cui non esiste un meglio o un peggio, un positivo e un negativo, un utile o inutile ma tutte, incondizionatamente, sono ugualmente fondamentali per l’equilibrio della vita.

Ovulo

Come l’onda del mare

ovaio

L’ovulo, cellula germinale femminile, è collocato a corona nella parte più esterna dell’ovaio, (corticale ovarica). Alla nascita ci sono moltissimi ovuli, circa 1.000.000, ma poi si riducono gradualmente, tanto che alla pubertà ne rimangono intorno a 400.000. Di questi solo un numero relativamente piccolo (400-500), raggiungerà la maturazione completa nell’arco della vita:

 

  • solo 1 volta al mese 1 cellula uovo matura e completa il suo percorso di crescita!

Grazie allo stimolo dell’ipotalamo (piccola area al centro del cervello) che invia

  • segnali ciclici, con alti e bassi proprio come le onde del mare che si susseguono per tutto l’arco della vita, un po’ persino anche dopo la menopausa.

 

ciclo ovarico

Queste “onde” hanno proprie specificità, come equilibri ormonali, neurovegetativi, tissutali, del sistema nervoso centrale, e così via… in sincronia con i ritmi dell’organismo e dell’ambiente in cui esso è immerso. Ognuna di queste fasi ha una sua ragione d’essere e una sua necessità essenziali per garantire il perpetuarsi della vita.

Il ciclo della vita

Ci vogliono circa

–14 giorni perché un ovulo (nel suo follicolo) maturi e venga “liberato” dall’ovaio, (ovulazione) e altri

–14 giorni perché dall’ovulazione si arrivi al termine del ciclo (mestruazione).

Poi tutto ricomincia.

Solitudine e Potenza

ovulazione

Perciò l’ovulo è

  • solo: ne viene rilasciato ogni mese solamente 1. Una volta libero, si lascia trasportare dal liquido che attraversa le tube, verso la cavità uterina. Fluttua tranquillamente in  attesa dell’eventuale incontro con i milioni di spermatozoi (dai 15 ai 200000 milioni!) che potrebbe incontrare sul suo percorso. 

  • grande: è la cellula più grossa del corpo, misura dai 120 ai 150 micron

  • praticamente immobile: l’ovulo, al momento dell’ovulazione, viene “partorito” dal follicolo, in cui è contenuto, che si rompe e proiettato in cavità addominale. Non ha una sua motilità attiva ma si lascia trascinare, quieto e imperturbabile, dal flusso del liquido peritoneale e viene risucchiato dal movimento dei sottili flagelli con cui terminano le tube uterine che lo catturano e lo trasportano verso la cavità dell’utero.

legumi e ovaie
  • accogliente: non ha bisogno di correre, sta lì, aspetta, pronto ad accogliere, a portare dentro di sé e unire, a nutrire e far crescere

  • lento: ci vogliono ben 7 giorni circa perché l’ovulo arrivi in cavità uterina

  • complesso: il citoplasma dell’ovulo, ovvero la sostanza che circonda il suo nucleo sede del DNA, contiene importanti strutture tra cui altro materiale genetico (come RNA messaggeri, RNA transfer, DNA messaggero, DNA ribosomiale),  ma soprattutto è particolarmente ricco di molteplici sostanze nutritive che, dopo la fecondazione, forniranno all’embrione l’energia necessaria per svilupparsi e crescere in attesa di arrivare nella cavità uterina.  Ci  sono inoltre  importantissimi organelli detti  mitocondri che sono i principali fornitori di energia delle cellule.

Una fonte di energia
Una discendenza materna
Una fonte di energia

I mitocondri sono vere e proprie “centrali” energetiche. Sono importantissimi perché, trasformando gli zuccheri, producono la maggior parte dell’energia della cellula: elaborano infatti una sostanza detta adenosina trifosfato (ATP) che costituisce la riserva energetica cellulare.  Essi hanno un loro proprio materiale genetico (DNA) che lavora in tandem con il sistema genetico del nucleo della cellula in cui sono inseriti, una vera e propria “collaborazione” di “teste” diverse!

Una discendenza materna

I mitocondri e il loro DNA, vengono trasmessi alla discendenza solo dalla madre le cui figlie, a loro volta, lo trasmetteranno alla propria discendenza e così via. Ad ogni accoppiamento, il gamete maschile non dà contributo al materiale genetico mitocondriale del nuovo embrione. Quella mitocondriale quindi è una discendenza solo matrilineare, che si tramanda dalla madre ai figli inalterata (o quasi) per generazioni e generazioni.

 

fecondazione

 

  • potente e forte: nel citoplasma dell’ovulo risiedono tutti i fattori che consentano l’attivazione del materiale genetico nucleare che permette e regola, all’atto della fecondazione, la replicazione cellulare e la formazione del nuovo individuo.

Una forza generativa
Una forza generativa

È il citoplasma dell’ovulo che può essere utilizzato per le clonazioni: attraverso il  trasferimento del nucleo (DNA) di una cellula somatica dell’individuo che si vuole  clonare, in un uovo non fecondato e privato del suo nucleo sede del materiale genetico (DNA). In questo nuovo individuo, tuttavia, rimarrà il materiale genetico dei mitocondri dell’ovulo “donatore”.

 

  • autonomo e autosufficiente: il citoplasma della cellula uovo mantiene, nutre, ossigena, ovvero fornisce energia all’embrione sino a che questo non si è impiantato nell’utero ed inizia a trarre dalla madre, attraverso la placenta, il suo sostentamento. 

Ciclicità e Accoglienza

Ciclicità, lentezza, quiete, accoglienza, autosufficienza, capacità generativa, mancanza di competizione, capacità di unire, paiono le caratteristiche del Muladhara/seme femminile. 

Spermatozoo

Una sorgente inesauribile

testicoli

Lo spermatozoo, “radice” maschile, è collocato nella parte più interna del testicolo, circondata da un tessuto con funzioni ormonali (stroma) e poi avvolta da un robusto tessuto biancastro (tonaca albuginea). Nel testicolo gli spermatozoi si formano continuamente (spermatogenesi). Dalla pubertà fino alla vecchiaia vengono prodotte milioni di cellule seminali maschili, anch’esse grazie allo stimolo dell’ipotalamo. Una vera sorgente inesauribile che procede praticamente senza interruzione per tutto l’arco della vita.

Cooperazione e Velocità

spermatozoi all'attacco

Perciò gli spermatozoi sono

  • moltissimi: in numero altissimo ad ogni eiaculato, circa 100 milioni per ogni cm3 di sperma (almeno sino a 30 anni fa; oggi la maggior parte degli spermiogrammi conta circa 30 milioni di semi per mm3). Una volta liberi, si dirigono tutti insieme, in formazione compatta, verso la loro meta: l’ovulo

  • piccoli: la loro “testa” misura circa 7 micron, ma possiedono una lunga coda di circa 60 micron che, una volta giunti nelle vie genitali femminili, li rende estremamente

  • mobili: gli spermatozoi sono molto mobili , guizzanti, “focosi”, decisamente molto attivi, capaci di andare verso l’esterno e separarsi dal luogo di origine.

spermatozoo
  • veloci: la velocità di progressione nelle vie genitali è di circa 1,5 mm al minuto. In 1 ora circa hanno raggiunto la tuba! La loro velocità è garantita da uno specifico  apparato locomotore, collocato nella coda, che serve loro per trasportarli a  destinazione.

fecondazione

Per ottenere questa grande mobilità e velocità sono

  • semplici: la loro “leggerezza” e agilità sono dovute al fatto che sono praticamente costituiti solo da  un nucleo con il materiale genetico (DNA), da mitocondri per la produzione di energia e da un flagello per il movimento che serve loro per trasportarli a destinazione.

  • poco autonomi: il citoplasma è praticamente assente, ovvero le scorte nutrizionali sono minime e ciò li rende fragili perché non si autosostengono, hanno vita breve con una possibilità di sopravvivenza che va da 3 a 4 giorni circa e che è strettamente legata alle condizioni stesse delle vie genitali femminili in particolare al grado di acidità (PH) che deve essere alcalino.

  • combattivi: di 2-3-4 cento milioni di cellule che si trovano in un eiaculato, solo una cellula, se tutto va bene, sopravvivrà, ovvero quella che sarà riuscita ad arrivare per prima a penetrare l’ovulo, le altre moriranno tutte! Per riuscirci il nucleo dello spermatozoo è avvolto da un cappuccio (acrosoma), ricco di enzimi, essenziali per mettere in grado il “vincitore”, di aprirsi un varco nella parete dell’ovulo.

 

Continuità e Combattività

  • Continuità, velocità, spinta in avanti, scarsa autonomia, combattività, competizione, capacità di separare, paiono le caratteristiche del Muladhara/seme maschile.

Il corpo insegna

Prendiamo contatto con le nostre radici, da cui oggi così spesso rischiamo di essere strappate sedotte da stereotipi artificiosi. Sono lì dentro il corpo, da vedere, da toccare, perché la pianta che noi siamo cresca ben solida sviluppando tutte le potenzialità contenute nel suo seme. La perdita di legame, la mancanza, il rifiuto o il non riconoscimento di parti di sé, genera fragilità e disagio. Per proiettarci nel futuro conosciamo e rafforziamo la nostra specifica unicità.

Posted in: Eros, Eros e bellezza | Tagged: amore, capostipiti, caratteristiche, cellula, chakra, ciclo della vita, equilibrio, fecondazione, Luladhara, ovuli, potenza, potenzialità, radici, scoperta, seme, solitudine, unione, velocità, vita

IL CIBO E I SENSI: L’OLFATTO E LA FORZA DEGLI AROMI

Posted by carlab on 28 Luglio 2023 | Leave a response
bimbo che annusa

Misterioso, intuitivo, istintivo, l’olfatto è il senso che si sviluppa per primo, fin dalla vita fetale, a riprova della sua importanza per il nostro benessere. Gioca un ruolo fondamentale nell’orientamento delle scelte alimentari. Conoscerlo meglio ci aiuta a valorizzarlo nel menu quotidiano, con vantaggi per gusto e la salute.

Un senso che ci guida

È un senso istintivo, legato alle emozioni; provoca avversioni o attrazioni spontanee che riesce difficile spiegare. I segnali provenienti dal senso dell’olfatto, infatti, raggiungono la corteccia cerebrale senza passare dalla parte del cervello legata all’elaborazione razionale. Così, spesso, non siamo capaci di descrivere un odore e le sensazioni che ne derivano, ma percepirlo può suscitare ricordi intensi, che evocano immagini e emozioni.
L’olfatto conduce a riconoscere i cibi da lontano. Inaliamo, infatti, odori, ogni volta che inspiriamo e subiamo il loro influsso, frequentemente senza accorgercene.

naso e agrumi

Sensibilità differenti

Le cellule olfattive sono collocate fra il naso e la bocca. Inspirando ripetutamente, velocemente, come fanno gli animali quando annusano, sentiamo gli odori con maggiore intensità. Le molecole odorose raggiungono i recettori dell’olfatto anche quando mangiamo, a bocca chiusa, espirando lentamente, perché si diffondono con facilità nell’ambiente umido e tiepido del cavo orale.
Gli odori derivano da oltre 400.000 sostanze combinate fra loro e sono responsabili del 90% della percezione del gusto dei cibi nel suo complesso, visto che il numero dei sapori è invece molto più limitato.
La sensibilità olfattiva varia da persona a persona e si affatica se sottoponiamo l’olfatto a troppi stimoli. Per questo, un eccesso di deodoranti e altri profumi sintetici, presenti, per esempio, nei detersivi, o il consumo abituale di cibi industriali intensamente aromatizzati, rischia di danneggiarlo.

Aromi naturali e artificiali

Nei cosiddetti “alimenti ultra processati”, come alcuni succedanei del formaggio e della carne, ma anche molti snack confezionati, l’aggiunta copiosa di aromi è inevitabile, per compensare quelli che vanno persi durante la preparazione e la conservazione o per creare sfumature aromatiche che non esistono nelle materie prime di base. La possibilità di aggiungere aromi standardizzati, sempre uguali, consente fra l’altro di dare un carattere preciso ai prodotti, condizionando i consumatori.
In etichetta, la dicitura “aromi” indica la presenza di aromi artificiali, con un odore analogo a quelli naturali. L’aggiunta dell’indicazione “naturali” testimonia che gli aromi derivano in effetti da materie prime esistenti in natura, di origine animale o vegetale, ma non necessariamente dagli alimenti di cui richiamano il profumo. L’aroma di lampone, per esempio, proviene dal legno di cedro. Anche muffe e batteri, grazie a particolari biotecnologie sono in grado di produrre copiose quantità di aromi “naturali”. Una maggiore genuinità proviene dalla scritta “aroma naturale di…“ con la precisazione dell’ingrediente di provenienza, per esempio la menta.
In linea di massima, per allenare l’olfatto a distinguere la qualità, è consigliabile inserire nel menu anche cibi del tutto naturali, con un aroma che varia in continuazione, secondo le modalità di produzione. Coltivazione, stagionalità, maturazione, stagionatura, per esempio, sono variabili decisive per definire naturalmente il profilo olfattivo e assicurano esperienze sensoriali impagabili.

basilico

Magie profumate con le erbe aromatiche

In questa stagione le erbe aromatiche si possono acquistare quasi ovunque, o coltivare in proprio. Allestite il vostro orticello aromatico sul balcone, o sul davanzale della finestra, in un angolo bene areato e soleggiato. Usate terriccio e fertilizzanti biologici. Lasciate spazio alla fantasia e utilizzate le erbe per aromatizzare ogni pietanza e/o per preparare deliziose tisane.

Ecco qualche idea diversa dal solito da provare.


Il basilico

è ottimo per aromatizzare l’insalata verde, o una salsina a base di yogurt, olio evo, poco sale, per condire pesce, o verdure a vapore.


La salvia

rende inconfondibili le mele cotte al forno, oppure in padella, con qualche cucchiaio di acqua e poco miele.


Timo e origano

tritati finemente con semi di zucca e un pizzico di sale, si trasformano in una deliziosa miscela insaporente, da aggiungere alle pietanze già cucinate in alternativa al normale sale da cucina.


La melissa

aromatizza macedonie e frutti di bosco ed è la base di tisane digestive e rilassanti.


Il rosmarino

è un ingrediente ideale per tè tonificanti da usare la mattina, o al pomeriggio. Aiuta a contrastare la stanchezza, in alternativa al caffè, da solo o mescolato al timo.


La menta

aromatizza frutta, verdura, frittate, formaggi freschi, anche in aggiunta al basilico. Ha un’azione tonificante analoga al rosmarino, favorisce la digestione dopo un pasto sostanzioso.

 

salvia

Miscele di spezie delicate

Nella cucina orientale non mancano mai, dosate sapientemente in ogni piatto, cui conferiscono aromi inconfondibili. Occorre tenere conto che nei paesi dove domina il caldo il piccante aiuta a conservare il cibo e favorisce la dispersione del calore grazie all’effetto vasodilatatore. La sua percezione non è dovuta al senso dell’olfatto, o del gusto, ma ai recettori del dolore. È esperienza comune, per esempio, la sensazione di bruciore che si prova con cibi ricchi di peperoncino. Meglio comunque non raggiungere concentrazioni troppo elevate, che oltre a eventuali controindicazioni per la salute, possono indebolire i sensi, olfatto compreso.
È quindi preferibile moderare le dosi e scegliere le spezie più delicate, che non hanno effetti indesiderati e si adattano a tutti i gusti, anche quelli dei bambini. Cannella di Ceylon, zafferano, cumino dei prati o orientale, coriandolo, vaniglia, curcuma sono fra quelle più adatte per fare esperienze che rafforzano la memoria olfattiva anche dei più giovani, aiutandoli a collegare l’aroma agli ingredienti a cui sono abbinati.

Odori e gusto: un gioco per la famiglia

Perché un cibo piace o non piace? Spesso proprio gli aromi, quindi le sensazioni olfattive, accanto a quelle del gusto, provocano avversioni. Un esempio emblematico sono cavolo e altri ortaggi della stessa famiglia, svantaggiati, fra l’altro, dal gusto amarognolo. Il loro odore intenso ricorda “i calzini sporchi”, come raccontano alcuni bambini interrogati a proposito.
Non è il caso, però, di scoraggiarsi di fronte ai rifiuti. Si può imparare ad apprezzare diversi cibi anche se di primo acchito risultano sospetti. Provate a proporli in piccole quantità; quando si cuociono in dosi abbondanti l’aroma si diffonde più facilmente nell’ambiente, creando pregiudizi prima ancora di assaggiare. Progettate con bambine e bambini ricette per renderli più appetitosi. Crostini di pane con formaggio morbido e crema di broccoli, o cavolfiore leggermente dorato con pan grattato e formaggio grana, per esempio, risultano molto più vicini ai loro gusti della semplice verdura bollita.
Raccogliete le ricette preparate insieme, con i relativi commenti delle prove di assaggio, nel quaderno di cucina della famiglia, per ricordarvene e riproporle.

Posted in: Cibo e Benessere, Suggerimenti | Tagged: aroma terapia, basilico, benessere, cibo, erbe, menta maggiorana, odore, olfatto, salvia, sensi, terapia

IL CIBO E I SENSI: UNA SINFONIA DI SENSAZIONI

Posted by carlab on 22 Giugno 2023 | Leave a response

Canali di percezione privilegiati per valutare il cibo, i sensi rappresentano fin dalla nascita un orientamento fondamentale mentre mangiamo. Spesso vengono però ingannati dai numerosi stimoli fuorvianti, che compromettono la loro sensibilità o impediscono di percepire a fondo i segnali che ci trasmettono. Trascurarli compromette il piacere di mangiare e può alterare la capacità di regolare l’appetito. Vale la pena di valorizzarli.

di Carla Barzanò

bimba che assaggia il latte

Una guida importante per conoscere e scegliere

I sensi sono fondamentali per conoscere e scegliere, non solo il cibo. I segnali che derivano dalle percezioni sensoriali ci mettono in relazione con l’ambiente e le persone che ci circondano, generando emozioni e conoscenze che danno forma alla nostra identità. 
Rispettare e coltivare i sensi fin dalla primissima infanzia, migliorare la loro sensibilità, non danneggiarli, saper riconoscere le sensazioni che producono, è fondamentale per individuare la qualità del cibo che utilizziamo ogni giorno.  
Attraverso i sensi riusciamo a codificare e interpretare segnali di natura differente, perché le cellule nervose deputate a registrarli sono specializzate. Di conseguenza, vista, olfatto, gusto, tatto e udito (sensi più coinvolti nella percezione del cibo) sono predisposti per raccogliere tipi di stimoli diversi, fisici o chimici e trasmettono i segnali che ne derivano ad aree differenti del cervello. Così, normalmente, possiamo distinguere sapori, consistenza, odori e suoni, senza confonderli. 

Stimoli delicati aiutano i sensi

Mentre mangiamo, però, tutti i sensi entrano in gioco contemporaneamente e le sensazioni si sommano, condizionandosi a vicenda. Le impressioni che abbiamo del cibo dipendono quindi dall’azione combinata di tutti i sensi, non da una sensazione isolata.  
Persino l’udito, che apparentemente non è direttamente coinvolto nella percezione di ciò che mangiamo, influenza in realtà le nostre sensazioni. Se consumiamo i pasti immersi nel baccano, o ascoltando una musica ad alto volume, per esempio, sentiamo meno sapori e aromi.    
In generale, l’intensità con cui percepiamo gli stimoli è legata al numero di cellule nervose attivate e dalla frequenza degli impulsi. Quando stimoliamo i recettori con impulsi prolungati dello stesso tipo, la loro sensibilità si riduce e per poterla mantenere servono stimoli sempre più intensi. 
In parole più semplici, anche i sensi si affaticano. Se eccediamo abitualmente con sale, zucchero, aromi artificiali, per esempio, rischiamo di indebolirli e tendiamo ad aumentare sempre di più la concentrazione di queste sostanze nella dieta. Per questo motivo è importante usarle con moderazione. 

I sensi e la memoria del gusto

Gli stimoli sensoriali provenienti dal cibo costruiscono, attraverso l’esperienza di ogni giorno, una vera e propria “memoria del gusto”, che nel nostro passato di raccoglitori e cacciatori era indispensabile per sopravvivere, aiutandoci a evitare avvelenamenti e a scegliere gli alimenti più adatti a noi. Questa memoria inizia a prendere forma già nella vita intrauterina, quando gli stimoli che provengono dal liquido amniotico trasmettono al nascituro alcuni tratti del profilo gustativo della dieta materna.  
È una memoria attiva ancora oggi, anche se ora caccia e raccolta avvengono prevalentemente nei supermercati, dove non è facile basarsi sui sensi per scegliere il cibo. Le confezioni che frequentemente lo racchiudono, rendono inavvicinabili i suoi aromi e tendono a confondere la vista con forme e colori accattivanti, ma non sempre corrispondenti alle sue qualità. 
Una volta aperti, molti di questi involucri forniscono cibi con sapori, aromi e consistenze studiate nei dettagli per renderli irresistibili e ingannare i sensi. Dolcezza e sapidità intensi, cremosità che stuzzicano il palato riproducendo le sensazioni della suzione del seno materno, croccantezza capace di scaricare la tensione nervosa attivando i riflessi ancestrali legati alla masticazione, rischiano di squilibrare la regolazione istintiva di fame e sazietà, lasciandoci in balia di sensazioni ed emozioni che non riusciamo a guidare. 
Una memoria del gusto generata solo da cibi industriali e processati può renderci dei veri e propri “analfabeti del gusto”, incapaci di apprezzare altri tipi di alimenti.  
La varietà resta quindi la strada migliore per formare un’ampia memoria del gusto, in grado di guidarci senza bisogno di tabù e prescrizioni nei confronti di particolari ingredienti, compresi quelli che provengono dal cosiddetto “design del gusto”.

verdure al mercato

Scegliere è possibile

Del resto, rispetto ai nostri antenati, abbiamo il grande vantaggio di poter godere di un’ampia varietà di alimenti, controllati e disciplinati da leggi che ne garantiscono la sicurezza, almeno dal punto di vista degli avvelenamenti.  
L’offerta di cibi freschi, di stagione, con gusti del tutto naturali, rende possibile esercitare i sensi e la memoria del gusto con stimoli molto differenziati, che con il tempo impariamo ad apprezzare allargando le nostre capacità di scelta. 
Etichette e descrizioni dei prodotti, ci aiutano poi a scegliere anche nell’universo dei cibi confezionati, sviluppando competenze nella scelta per escludere quelli ricchi di additivi indesiderabili. Così, infine, oltre ai benefici immediati per gusto e salute, promuoviamo una produzione più attenta a questi aspetti e contribuiamo a sostenerla.

Parole chiave per gustare il cibo

Cura

Preparate e presentate il cibo con cura. Anche una semplicissima insalata, o un piatto di pasta, possono risultare accattivanti se proposti con piccoli dettagli decorativi.

Delicatezza

Quando cucinate voi, usate sale, zucchero, spezie con moderazione. Favorite erbe aromatiche e spezie delicate (per esempio cannella, cumino, coriandolo). Rispetto ai cibi già pronti, non abusate di quelli molto salati/dolci e arricchiti con aromi artificiali.

Ambiente

Ogni volta che mangiate, fatelo in un ambiente confortevole. Anche un pasto consumato durante l’intervallo di lavoro, o quando fate uno spuntino, cercate uno spazio dove sedervi, apparecchiate la tavola, o il piano di lavoro con piatto (o tovagliolo), bicchiere con acqua (o borraccia) accanto al cibo.

Tempo

Prendete del tempo per mangiare con calma.

Concentrazione

Provate ad eliminare le distrazioni: cellulare, computer, rumori troppo intensi. Mentre mangiate, se riuscite, non parlate di lavoro o di altri temi impegnativi.

Giudizi

Sospendete i giudizi razionali sul cibo e portate l’attenzione sul modo di mangiare e sul piacere che vi è legato. Immergetevi nelle vostre sensazioni e provate a goderne con tutti i sensi. 

spuntini

Spuntini? Gustiamoli con tutti i sensi

Se ai pasti i segnali dei sensi vengono trascurati, perché si mangia troppo spesso con disattenzione, nei fuori pasto, a casa o sul lavoro, la situazione non è diversa. Mangiare cioccolata o altri dolcetti davanti al computer, o alla televisione, per esempio, senza neppure accorgersi di ciò che si sta facendo, è per molti una consuetudine. Poi, magari, ci si sente in colpa, consapevoli che questi pasti improvvisati e fuori programma rischiano di compromettere l’equilibrio. 
Si finisce, così, a vivere in conflitto fra il desiderio improvviso di golosità e le regole che ci si vorrebbe imporre. 
Bando alla rigidità. Colpevolizzarsi non aiuta. Qualche piccola trasgressione può essere accolta di buon grado a patto di regolare le modalità di consumo. Quando mangiate un dolce, o un altro ingrediente sfizioso fuori pasto, interrompete le altre attività per qualche minuto e gustatelo con tutti i sensi, cercando di percepire a fondo le sensazioni che ne derivano. È un’opportunità per concedersi un momento di pausa.  

Posted in: Cibo e Benessere, Suggerimenti | Tagged: cibo, conoscere, cura, parole chiave, ricordo, sapori, scegliere, sensi, spuntini

LA PRIMA COSA BRUTTA

Posted by carlab on 27 Maggio 2023 | Leave a response

PERDERE LE RADICI DI FAMIGLIA

disegno barchetta

di Tiziana Luciani

Ormai per brevità lo chiamiamo Covid, ma la sua corretta  denominazione sarebbe Covid19. E, come sapete, 19 sta per 2019, l’anno del suo esordio. Ricordarlo mi fa pensare che oggi, 2023, sono passati ben quattro anni da quell’inizio. Quattro anni nella vita di una persona adulta sono un qualcosa, ma in quella di un bambino, di una bambina sono una enormità. Questo tema mi appassiona: da tre anni scolastici sono la psicologa di riferimento dell’Istituto Comprensivo “Ten. Petrucci” a Montecastrilli (TR). Da due anni svolgo dei progetti psico-pedagogici, in una scuola primaria, la “Dante Alighieri” di Mariano Comense (CO), e da svariati anni collaboro con l’“Istituto Comprensivo della Val Nervia”, in provincia di Imperia.

Ho a che fare con alunni/e della primaria e delle medie, con i loro genitori e i loro insegnanti. Nel lungo periodo del lockdown e del distanziamento abbiamo interagito da remoto poi, piano piano, ci siamo frequentati in presenza. In tutti i miei incontri utilizzo modalità espressive dell’arte terapia, utili per riuscire a far emergere il proprio mondo interiore, a ragionarci sopra e a condividerlo con il resto del gruppo. Alcune proposte di attività, in particolare, hanno lo scopo di sciogliere i grumi emotivi che il tempo del Covid ha sedimentato in noi.

Nero, luce e cerchi degli alberi

Fra queste, due in particolare sono state offerte alla scuola primaria e alla secondaria di primo grado. Nella prima, che ho intitolato: “Dal nero alla luce”, ogni partecipante ha a sua disposizione due fogli di carta da disegno nera, un pastello bianco, dei brillantini adesivi e molti ritagli di immagini tratte da riviste.  Sul primo foglio disegna, realizza un collage e scrive qualcosa su un’esperienza difficile che ha vissuto, che lo/la ha messo/a alla prova; sul secondo foglio, con la stessa modalità, si dà conto di cosa, comunque, ha tratto di positivo da quella vicenda difficile. Nella seconda proposta, che chiamo “Come i cerchi dell’albero”, si trae ispirazione dalla dendrocronologia, la scienza che studia la vita arborea, osservando la quantità e la qualità dei cerchi presenti nel tronco. Irregolarità nel tracciato dei cerchi sono indicatori di siccità e di difficoltà varie patite dalla pianta. Offro ai partecipanti un foglio con dei segni concentrici, nel cui centro è incollata, a riprova, una piccola rondella tagliata da un fusto. I partecipanti scrivendo, disegnando e applicando immagini a collage, raccontano la loro vita anno per anno (nel caso degli adulti periodo per periodo).

nonna e nipotina

La scomparsa delle radici

Osservando, ascoltando e rileggendo queste preziose realizzazioni ho scoperto che per l’infanzia e la preadolescenza, il periodo segnato dal covid19 ha significato purtroppo spesso, il fare i conti col primo grande lutto: la perdita di nonni e nonne, a volte di bisnonni e bisnonne. Le matite bianche hanno mestamente tracciato funerali, tombe – per quanti hanno potuto dar loro l’ultimo addio -, oppure letti d’ospedale dove si immagina siano morti in solitudine. “E’ morto mio bisnonno, sono triste”, scrive M., otto anni in un fumetto, raffigurandosi con i lati della bocca in giù accanto a una croce e al bisnonno nella bara. Nella pagina successiva la bocca sorride e del bisnonno vediamo un ritratto incorniciato e appeso a un muro, il nero del foglio ravvivato da ritagli di carta sagomati a forma di cuore e di uccellini. E una scritta: “Mio bisnonno adesso c’è, che bello!”.

Tutto l’impegnativo percorso dell’elaborazione del lutto, fatto di ritualità, di oggetti che nutrono il ricordo e la presenza, nonostante la perdita, tutto questo è efficacemente tratteggiato nel secondo foglio di M.! Queste due pagine, insieme a quelle dei suoi compagni e delle sue compagne, vengono rilegate per costituire il “Libro Delle Prove Affrontate E Superate” da quella classe.

F., un bambino di terza primaria, rappresentando la sua vita come i cerchi dell’albero, colora di nero il penultimo, grande anello e specifica: “Tristezza, muore il nonno”. L’ultimo cerchio è rosso, F. disegna un cuore e scrive: “Voglia di ricominciare: capisco che la vita va avanti”.

In questi quattro anni, tanti per le ancor brevi vite di bambini e bambine, questa generazione ha affrontato prematuramente la perdita degli anziani di famiglia.

In futuro si riconosceranno fra loro anche per questo: sono quell’infanzia, quella preadolescenza che, in un paese, l’Italia, che usualmente vanta un gran numero di persone anziane, hanno perso prima del previsto delle figure importanti.

I legami con il passato sono stati recisi precocemente e drammaticamente.

nonno e nipotino

Quando tornerà la nonna?

Un albo illustrato, come spesso accade, con poche parole e delle illustrazioni commoventi, racconta tale tipo di perdita. Si intitola “Quando tornerà Hadda?”.[1] Hadda è una nonna che regala al suo nipotino delle frasi rassicuranti, per consolarlo della sua morte. Quello che vediamo sono le stanze della sua casa, l’abitazione di una donna anziana. Ogni spazio si collega alla frase giusta che, dal luogo della vita di tutti i giorni, fa sgorgare un viatico per oltrepassare la morte.

La stanza da letto, la vasca da bagno, il balcone, un mondo di oggetti che custodiscono la presenza dell’assente. Poi la cucina e il calendario alla parete, le annotazioni, un post-it. E l’anno: quel maledetto 2019, da cui siamo partiti. “Vai, vai. Sono qui. Dentro di te. Per sempre!” sussurra infine Hadda al nipotino… parole simili a quelle che M. e F., i due bambini, rivolgono a se stessi. Questo tema, ve lo ho detto, mi tocca professionalmente ma anche – e ve lo dico ora – personalmente. Non ho mai conosciuto i miei nonni e le mie nonne. Le loro persone sono state travolte, come fragili barchette di carta, dalle onde alte e minacciose del ‘900. Scomparsi/e chi negli anni ’20 del secolo scorso, chi dopo la seconda guerra mondiale. Nell’infanzia la loro assenza fu per me molto dolorosa. Le loro morti vennero fortemente condizionate dalle epoche storiche nelle quali vissero. Forse per questo il mio cuore e la mia mente sono così vicini a questi bambini e bambine, ai loro fogli neri, ai loro cerchi colorati.

Tiziana Luciani
Tiziana Luciani

psicologa-psicoterapeuta e arte terapeuta clinica. Docente della Scuola di formazione per arte terapeuti de La Cittadella di Assisi.  Si occupa di formazione degli adulti dal 1980 nell’ambito: sanitario, sociale, educativo. Giornalista-pubblicista ha pubblicato: Se perdo te. Quando il lavoro manca (in collaborazione con Giovanni Grossi, Pliniana, 2013), E corrono ancora. Storie italiane di donne selvagge (Frassinelli, 2014), Eroine ed eroi in corso (Carthusia, 2021). Che forza! (con le illustrazioni di Bimba Landmann, Carthusia, 2021), I come inquietudine (Cittadella Editrice, 2021). In uscita: La nostalgia dei sogni (in collaborazione con Alberto Terzi) e Aiutare stanca e a volte esalta. Lavora a Perugia, Assisi e Milano.

  1. Anne Herbauts, Quando tornerà Hadda?, Firenze, Edizioni Clichy, 2023.
Quando tornerà Hadda?
Posted in: Benessere | Tagged: bambini, covid, morte, nonni, psicologia, radici, sensibilità

LA DIETA MEDITERRANEA: SAPIENZA, SALUTE E SOSTENIBILITÀ

Posted by carlab on 1 Maggio 2023 | Leave a response
grando saraceno

Dichiarata patrimonio immateriale dell’umanità dall’Unesco nel 2010, la dieta mediterranea è sinonimo di una cultura legata alle tradizioni, al territorio e alla salute. Il suo valore non è solo da collegare a singoli ingredienti, o a particolari aree geografiche, ma a una filosofia di vita che fornisce spunti importanti per salvaguardare benessere e ambiente, in ogni realtà.

La dieta Mediterranea: un modello complesso e affascinante

Spesso i paesi industrializzati lontani dal Mediterraneo collegano la dieta Mediterranea a cliché che conducono a singoli ingredienti e particolari ricette: pomodori, olio, pasta, pizza…
In realtà, il modello alimentare mediterraneo è complesso e i suoi effetti positivi su salute e ambiente, riconosciuti dagli scienziati di tutto il mondo, non si possono ridurre solo a pochi alimenti o preparazioni culinarie.

L’Unesco (1), ne mette a fuoco il valore, legato a tradizioni tramandate da generazioni e condivise dalle comunità in una vasta area del Mediterraneo. Le popolazioni coinvolte sono differenti, hanno specialità culinarie e usanze diverse. Ciò che le accomuna è lo stile di vita parsimonioso, derivato da un vasto patrimonio di conoscenze e pratiche sostenibili: agricoltura, pesca, pastorizia, capacità e modalità di trasformare e condividere il cibo. Un modello sviluppato per sopravvivere con risorse limitate, talvolta di estrema povertà (2).

A porvi l’attenzione nel mondo occidentale fu lo studioso americano Ancel Keys (3), che negli anni cinquanta si trasferì a Pioppi, nel Cilento, dove visse per oltre 40 anni e approfondì il legame fra la straordinaria longevità degli abitanti e la loro dieta, divulgando in tutto il mondo i risultati della sua ricerca. In anni più recenti, altri sudi hanno permesso di confermare gli effetti positivi della dieta mediterranea su ambiente e salute.

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Buon giorno a tavola

È possibile rendere universale la dieta mediterranea?

Un modello valido per tutti? Secondo Walter Willet, uno degli autori dello studio EAT-Lancet che ha portato alla luce la necessità di orientarsi verso una dieta più sostenibile (4), ogni Paese dovrebbe adattare le sue linee guida alle esigenze locali, far riferimento ai modelli agroalimentari dei propri antenati, che rimandano al clima, ai prodotti disponibili, alle caratteristiche delle popolazioni.

Senza perdere di vista alcuni degli aspetti del modello mediterraneo, ricchi di riferimenti utili. A partire dal rispetto dell’ambiente e delle sue risorse, in sintonia con i cicli naturali.

Senza trascurare l’arte di trasformare il cibo rendendolo gradevole e contemporaneamente facile da assimilare. L’ammollo dei legumi, la macinatura dei cereali, la fermentazione di alcuni ingredienti, insieme a tante ricette che prevedono la sapiente combinazione di cibi vegetali, con dosi parsimoniose di cibi animali, sono un esempio significativo della saggezza con cui la cultura mediterranea ha saputo dialogare con l’ambiente, adattando alle nostre esigenze gli alimenti “naturalmente” disponibili.

Merita poi un posto d’onore la convivialità, la capacità di ritualizzare e condividere i pasti, con un ritmo regolare, oggi trascurata, ma necessaria per costruire le sinergie adatte a trarre il massimo beneficio psichico e fisico dal cibo.

Esempi sostenibili lontano dal Mediterraneo

Questo modo di vivere il rapporto con il cibo, l’ambiente e le relazioni umane, fa parte anche di modelli alimentari sviluppati in contesti lontani dall’area mediterranea.

In Groenlandia, per esempio, la popolazione Inuit vive immersa in un ambiente dominato dal freddo, e rispetta rituali collettivi per la trasformazione e il consumo del cibo in armonia con la natura. Il menu è composto prevalentemente da bacche e altri vegetali selvatici, accompagnati da pesce e prodotti della cacciagione, presenti in quantità decisamente elevate rispetto alle nostre abitudini, mentre ortaggi e frutta coltivati sono quasi estranei. Le ottime condizioni di salute degli Inuit, che li rendono particolarmente resistenti, si modificano quando si trasferiscono nei paesi industrializzati.

Lo stesso accade ai Giapponesi che vivono nell’arcipelago di Okinawa, dove la longevità è fra le più alte del mondo. Il loro menu, molto parsimonioso, è ricco di vegetali protettivi, fra cui fino a 13 piccole porzioni al giorno di verdure crude e cotte, alghe, riso, derivati della soia e pesce. Il tutto insaporito con varie spezie e accompagnato da uno stile di vita che previene sedentarietà, stress e altre situazioni negative.

Filosofia mediterranea nelle zone montane

Ma torniamo a noi. Prendiamo come esempio le zone montane delle alpi, in Valtellina. Anche qui, in un passato non troppo lontano, la dieta quotidiana era basata su cibi semplici, locali, di stagione, sapientemente combinati fra loro per resistere alla ristrettezza di risorse, al freddo e al faticoso lavoro agricolo.

La disponibilità apparentemente illimitata di ingredienti provenienti da lontano in ogni momento dell’anno rischia oggi di farci dimenticare alcuni dei pregiati ingredienti locali: il grano saraceno, per esempio, i formaggi e le deliziose mele locali, le molteplici varietà di cavoli, poi alcune erbe selvatiche che in questa stagione crescono copiose. Sono questi i cibi che ci avvicinano alla filosofia della dieta mediterranea, più di pomodori e melanzane, spesso fuori stagione. Proviamo a riscoprirli. Senza mai rinunciare alla varietà.

La montagna in cucina: filosofia

pasta di grano saraceno

Pennette di grano saraceno con germogli di luppolo selvatico e formaggio latteria

Ingredienti per 4 persone:

  • 280 g di pennette di grano saraceno (o altro formato di pasta di grano saraceno a piacere)
  • 250-300 g di germogli di luppolo selvatico*(in loro mancanza usate asparagi, o erbette)
  • 3 cucchiai di olio evo
  • 1 cipollotto
  • 1 spicchio d’aglio
  • 6 cucchiai di formaggio latteria grattugiato grossolana mente

Preparazione:

1. Lavare

Lavate con cura i germogli di luppolo e cuoceteli, a vapore, finché sono morbidi. Potete bere il brodo di cottura come aperitivo, con un goccio di succo di limone.

2. Tritare

Tritate aglio e cipolla e fateli stufare, delicatamente, con poco olio evo.

3. Unire

Unite i germogli di luppolo sminuzzati, lasciando intere le punte. Salate e fate insaporire 5 minuti.

4. Aggiungere

Aggiungete la pasta al dente , mescolate, unite il formaggio grattugiato e servite, con olio e formaggio grattato da unire e piacere.

(*) Il luppolo selvatico (Humulus lupulus) è una pianta spontanea rampicante che sviluppa lunghi e teneri germogli a cui vengono attribuiti numerosi soprannomi dialettali (vertis, luvertin, luvertis…). Usati nella cucina popolare hanno prestazioni culinarie simili agli asparagi, di cui richiamano il gusto. Si preparano semplicemente a vapore, conditi con olio e succo di limone, oppure in aggiunta a frittate, uova al tegamino, risotto e pasta.

Fonti
Fonti

(1) Unesco, dieta mediterranea

(2) Inchiesta alimentare a Rofrano, 1954, regia di VirgilioTosi

(3) Ancel Keys e la dieta mediterranea

(4) Rapporto Lancet sulla dieta sostenibile

Posted in: Cibo e Benessere, Suggerimenti | Tagged: Carla barzanò, consigli, dieta mediterranea, formaggio, grano saraceno, ricetta, star bene, tradizione
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