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amore

MULADHARA- LE “RADICI” DEL FEMMINILE (E DEL MASCHILE)

Posted by carlab on 19 Agosto 2023 | Leave a response
donna nel sole

Il femminile viene frequentemente connotato negativamente nella nostra società (passività, discontinuità.) Queste stesse caratteristiche possono essere viste in maniera completamente differente, come punto di forza e qualità insite nel potere generativo.

di Fiorenza Zanchi

Nuovi occhi

Se, per esempio, al di là di connotazioni culturali, sociali, ideologiche e psicologiche, proviamo a vedere come femminile e maschile si esprimono nelle nostre cellule germinali (gameti), scopriamo che lo sguardo sulle valenze del femminile, così come del maschile, è spesso costituito solo da stereotipi inadeguati.

L’ ovulo, cellula seminale femminile e lo spermatozoo, cellula seminale maschile, sono i nostri capostipiti biologici, dalla loro unione prende origine ognuno di noi che esprimerà, in misura diversa, le caratteristiche di entrambi.

i miei nonni i miei genitori ed io

Con le loro peculiarità, sono i portatori dell’incredibile energia che permette l’inizio di una nuova vita.  Nel simbolismo dei chakra dello yoga, in quanto radici da cui corpo e mente si sviluppano, vengono attribuiti per analogia, al primo chakra: Muladhara, letteralmente proprio “radice”.  È il chakra della base, potentissimo, capace di dare appoggio, determinare e sostenere tutto ciò che da esso si origina. Muladhara, la radice, è la potenzialità di un processo. Così il seme è in potenza ciò che da esso si svilupperà.

Facciamo un viaggio alla scoperta di queste radici/Muladhara, i semi da cui prendiamo origine, per uscire dagli stereotipi di genere e acquisire nuovi occhi grazie alla consapevolezza delle loro specificità e potenzialità tra cui non esiste un meglio o un peggio, un positivo e un negativo, un utile o inutile ma tutte, incondizionatamente, sono ugualmente fondamentali per l’equilibrio della vita.

Ovulo

Come l’onda del mare

ovaio

L’ovulo, cellula germinale femminile, è collocato a corona nella parte più esterna dell’ovaio, (corticale ovarica). Alla nascita ci sono moltissimi ovuli, circa 1.000.000, ma poi si riducono gradualmente, tanto che alla pubertà ne rimangono intorno a 400.000. Di questi solo un numero relativamente piccolo (400-500), raggiungerà la maturazione completa nell’arco della vita:

 

  • solo 1 volta al mese 1 cellula uovo matura e completa il suo percorso di crescita!

Grazie allo stimolo dell’ipotalamo (piccola area al centro del cervello) che invia

  • segnali ciclici, con alti e bassi proprio come le onde del mare che si susseguono per tutto l’arco della vita, un po’ persino anche dopo la menopausa.

 

ciclo ovarico

Queste “onde” hanno proprie specificità, come equilibri ormonali, neurovegetativi, tissutali, del sistema nervoso centrale, e così via… in sincronia con i ritmi dell’organismo e dell’ambiente in cui esso è immerso. Ognuna di queste fasi ha una sua ragione d’essere e una sua necessità essenziali per garantire il perpetuarsi della vita.

Il ciclo della vita

Ci vogliono circa

–14 giorni perché un ovulo (nel suo follicolo) maturi e venga “liberato” dall’ovaio, (ovulazione) e altri

–14 giorni perché dall’ovulazione si arrivi al termine del ciclo (mestruazione).

Poi tutto ricomincia.

Solitudine e Potenza

ovulazione

Perciò l’ovulo è

  • solo: ne viene rilasciato ogni mese solamente 1. Una volta libero, si lascia trasportare dal liquido che attraversa le tube, verso la cavità uterina. Fluttua tranquillamente in  attesa dell’eventuale incontro con i milioni di spermatozoi (dai 15 ai 200000 milioni!) che potrebbe incontrare sul suo percorso. 

  • grande: è la cellula più grossa del corpo, misura dai 120 ai 150 micron

  • praticamente immobile: l’ovulo, al momento dell’ovulazione, viene “partorito” dal follicolo, in cui è contenuto, che si rompe e proiettato in cavità addominale. Non ha una sua motilità attiva ma si lascia trascinare, quieto e imperturbabile, dal flusso del liquido peritoneale e viene risucchiato dal movimento dei sottili flagelli con cui terminano le tube uterine che lo catturano e lo trasportano verso la cavità dell’utero.

legumi e ovaie
  • accogliente: non ha bisogno di correre, sta lì, aspetta, pronto ad accogliere, a portare dentro di sé e unire, a nutrire e far crescere

  • lento: ci vogliono ben 7 giorni circa perché l’ovulo arrivi in cavità uterina

  • complesso: il citoplasma dell’ovulo, ovvero la sostanza che circonda il suo nucleo sede del DNA, contiene importanti strutture tra cui altro materiale genetico (come RNA messaggeri, RNA transfer, DNA messaggero, DNA ribosomiale),  ma soprattutto è particolarmente ricco di molteplici sostanze nutritive che, dopo la fecondazione, forniranno all’embrione l’energia necessaria per svilupparsi e crescere in attesa di arrivare nella cavità uterina.  Ci  sono inoltre  importantissimi organelli detti  mitocondri che sono i principali fornitori di energia delle cellule.

Una fonte di energia
Una discendenza materna
Una fonte di energia

I mitocondri sono vere e proprie “centrali” energetiche. Sono importantissimi perché, trasformando gli zuccheri, producono la maggior parte dell’energia della cellula: elaborano infatti una sostanza detta adenosina trifosfato (ATP) che costituisce la riserva energetica cellulare.  Essi hanno un loro proprio materiale genetico (DNA) che lavora in tandem con il sistema genetico del nucleo della cellula in cui sono inseriti, una vera e propria “collaborazione” di “teste” diverse!

Una discendenza materna

I mitocondri e il loro DNA, vengono trasmessi alla discendenza solo dalla madre le cui figlie, a loro volta, lo trasmetteranno alla propria discendenza e così via. Ad ogni accoppiamento, il gamete maschile non dà contributo al materiale genetico mitocondriale del nuovo embrione. Quella mitocondriale quindi è una discendenza solo matrilineare, che si tramanda dalla madre ai figli inalterata (o quasi) per generazioni e generazioni.

 

fecondazione

 

  • potente e forte: nel citoplasma dell’ovulo risiedono tutti i fattori che consentano l’attivazione del materiale genetico nucleare che permette e regola, all’atto della fecondazione, la replicazione cellulare e la formazione del nuovo individuo.

Una forza generativa
Una forza generativa

È il citoplasma dell’ovulo che può essere utilizzato per le clonazioni: attraverso il  trasferimento del nucleo (DNA) di una cellula somatica dell’individuo che si vuole  clonare, in un uovo non fecondato e privato del suo nucleo sede del materiale genetico (DNA). In questo nuovo individuo, tuttavia, rimarrà il materiale genetico dei mitocondri dell’ovulo “donatore”.

 

  • autonomo e autosufficiente: il citoplasma della cellula uovo mantiene, nutre, ossigena, ovvero fornisce energia all’embrione sino a che questo non si è impiantato nell’utero ed inizia a trarre dalla madre, attraverso la placenta, il suo sostentamento. 

Ciclicità e Accoglienza

Ciclicità, lentezza, quiete, accoglienza, autosufficienza, capacità generativa, mancanza di competizione, capacità di unire, paiono le caratteristiche del Muladhara/seme femminile. 

Spermatozoo

Una sorgente inesauribile

testicoli

Lo spermatozoo, “radice” maschile, è collocato nella parte più interna del testicolo, circondata da un tessuto con funzioni ormonali (stroma) e poi avvolta da un robusto tessuto biancastro (tonaca albuginea). Nel testicolo gli spermatozoi si formano continuamente (spermatogenesi). Dalla pubertà fino alla vecchiaia vengono prodotte milioni di cellule seminali maschili, anch’esse grazie allo stimolo dell’ipotalamo. Una vera sorgente inesauribile che procede praticamente senza interruzione per tutto l’arco della vita.

Cooperazione e Velocità

spermatozoi all'attacco

Perciò gli spermatozoi sono

  • moltissimi: in numero altissimo ad ogni eiaculato, circa 100 milioni per ogni cm3 di sperma (almeno sino a 30 anni fa; oggi la maggior parte degli spermiogrammi conta circa 30 milioni di semi per mm3). Una volta liberi, si dirigono tutti insieme, in formazione compatta, verso la loro meta: l’ovulo

  • piccoli: la loro “testa” misura circa 7 micron, ma possiedono una lunga coda di circa 60 micron che, una volta giunti nelle vie genitali femminili, li rende estremamente

  • mobili: gli spermatozoi sono molto mobili , guizzanti, “focosi”, decisamente molto attivi, capaci di andare verso l’esterno e separarsi dal luogo di origine.

spermatozoo
  • veloci: la velocità di progressione nelle vie genitali è di circa 1,5 mm al minuto. In 1 ora circa hanno raggiunto la tuba! La loro velocità è garantita da uno specifico  apparato locomotore, collocato nella coda, che serve loro per trasportarli a  destinazione.

fecondazione

Per ottenere questa grande mobilità e velocità sono

  • semplici: la loro “leggerezza” e agilità sono dovute al fatto che sono praticamente costituiti solo da  un nucleo con il materiale genetico (DNA), da mitocondri per la produzione di energia e da un flagello per il movimento che serve loro per trasportarli a destinazione.

  • poco autonomi: il citoplasma è praticamente assente, ovvero le scorte nutrizionali sono minime e ciò li rende fragili perché non si autosostengono, hanno vita breve con una possibilità di sopravvivenza che va da 3 a 4 giorni circa e che è strettamente legata alle condizioni stesse delle vie genitali femminili in particolare al grado di acidità (PH) che deve essere alcalino.

  • combattivi: di 2-3-4 cento milioni di cellule che si trovano in un eiaculato, solo una cellula, se tutto va bene, sopravvivrà, ovvero quella che sarà riuscita ad arrivare per prima a penetrare l’ovulo, le altre moriranno tutte! Per riuscirci il nucleo dello spermatozoo è avvolto da un cappuccio (acrosoma), ricco di enzimi, essenziali per mettere in grado il “vincitore”, di aprirsi un varco nella parete dell’ovulo.

 

Continuità e Combattività

  • Continuità, velocità, spinta in avanti, scarsa autonomia, combattività, competizione, capacità di separare, paiono le caratteristiche del Muladhara/seme maschile.

Il corpo insegna

Prendiamo contatto con le nostre radici, da cui oggi così spesso rischiamo di essere strappate sedotte da stereotipi artificiosi. Sono lì dentro il corpo, da vedere, da toccare, perché la pianta che noi siamo cresca ben solida sviluppando tutte le potenzialità contenute nel suo seme. La perdita di legame, la mancanza, il rifiuto o il non riconoscimento di parti di sé, genera fragilità e disagio. Per proiettarci nel futuro conosciamo e rafforziamo la nostra specifica unicità.

Posted in: Eros, Eros e bellezza | Tagged: amore, capostipiti, caratteristiche, cellula, chakra, ciclo della vita, equilibrio, fecondazione, Luladhara, ovuli, potenza, potenzialità, radici, scoperta, seme, solitudine, unione, velocità, vita

A TAVOLA: INSIEME C’È PIÚ GUSTO!

Posted by carlab on 31 Dicembre 2022 | Leave a response
pasto in famiglia

In questo periodo festivo incontrarsi attorno alla tavola apparecchiata è una tradizione irrinunciabile. Un momento che ci conduce a riflettere sul valore di mangiare insieme, opportunità che nella quotidianità è sempre di più trascurata.

Desideriamo augurarvi che nel nuovo anno l’occasione di mangiare sia per voi un momento piacevole di rigenerazione, scambio e scoperta.     

Riscopriamola insieme, con la guida di bambine e bambini che hanno condotto il progetto “A tavola: insieme c’è più gusto!   

Riscoprire il gusto di mangiare insieme

Vivere il momento del pasto e la preparazione del cibo come opportunità per stare insieme, godere il piacere di mangiare e nel contempo reinventare regole per un galateo che conduce a un futuro più sostenibile per l’ambiente, la salute e le risorse umane. Sono questi gli obiettivi del progetto “A tavola: insieme c’è più gusto!”, sviluppato in dodici scuole primarie della Valtellina con il sostegno di Magia Verde Onlus, Ersaf, Regione Lombardia e il contributo di alcuni produttori locali. Fra questi la Latteria di Chiuro, che ha supportato fin dall’inizio il percorso e l’ha seguito passo dopo passo, partecipando attivamente alla sua organizzazione.

Una opportunità unica trascurata

Gli esperti del comportamento alimentare parlano di “destrutturazione del desco” un fenomeno in continua crescita, legato alla progressiva perdita di rilevanza del momento di condivisione dei pasti, in famiglia e a scuola. Si mangia troppo spesso rapidamente, distrattamente. A scuola, la mensa offre frequentemente ambienti rumorosi, tempi ristretti, pietanze servite senza prestare attenzione, creando disagi a insegnanti e studenti.

In famiglia si sta a tavola e davanti al televisore acceso; utilizzare il cellulare per leggere, o telefonare, durante i pasti è una consuetudine. Raramente i famigliari mangiano contemporaneamente, a causa di differenti ritmi e orari di lavoro. L’uso di cibi preconfezionati è un’abitudine consolidata e rischia di impedire ai giovani di acquisire le competenze fondamentali per scegliere e trasformare il cibo.

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bambini a tavola

La tavola apparecchiata come occasione di apprendimento

Diverse ricerche mostrano che consumare i pasti con attenzione, in un ambiente curato, seguendo ritmi regolari e contribuire attivamente alla preparazione del cibo e all’allestimento della tavola, rappresenta, durante l’accrescimento, un fattore di protezione che favorisce la prevenzione dei disturbi del comportamento alimentare. I bambini che godono di questa opportunità hanno un’incidenza inferiore di sovrappeso e di altri problemi legati a una alimentazione squilibrata.

Secondo i ricercatori, un contesto curato per i pasti è infatti collegato a una maggiore attenzione nei confronti del cibo di qualità. Allo stesso tempo, rappresenta un’ opportunità di apprendimento, perché attiva quei canali di percezione sensoriali ed emotivi importanti per memorizzare gli ingredienti e le combinazioni e sviluppare la memoria del gusto. Proprio per questo aiuta a regolare fame e sazietà, che viene compromessa quando si mangia senza attenzione.

Non solo: prendere parte all’allestimento della tavola e al pasto con interesse e attenzione, in un’atmosfera emotivamente stimolante, consente di focalizzare, riconoscere e replicare, le pratiche di sostenibilità necessarie per scegliere e preparare cibi rispettosi dell’ambiente e della salute.

mangiare gli spaghetti

Un nuovo galateo per formare un gusto sostenibile

Alla luce di queste riflessioni è nato il progetto “A tavola: insieme c’è più gusto!”. Durante il percorso, bambine e bambini, guidati dai loro insegnanti, hanno riscoperto alcune regole del galateo tradizionale per reinventarle nella chiave di lettura della sostenibilità. 

Un galateo da vivere senza formalità, con tante esperienze diverse, da scuola a scuola. Accanto alle pratiche per prevenire gli sprechi, concentrandosi, in particolare, su acqua e pane, alcuni gruppi di bambine e bambini hanno realizzato esperienze per rendere più bella la tavola della mensa, per sé e per i compagni. Altri gruppi sono andati alla scoperta della frutta di stagione del territorio, per imparare a gustarla, e hanno sperimentato nuovi ingredienti per merende gustate con tempo e attenzione. 

Tutti i partecipanti si sono poi cimentati nella creazione di filastrocche e immagini per documentare i loro percorsi, che un regista e un musicista hanno riassunto creando un video.
Ringraziamo di cuore tutti i partecipanti per il loro impegno e concludiamo con le parole di bambine e bambine di una delle scuole che hanno preso parte al progetto, augurandoci che siano di auspicio per consolidare le pratiche di sostenibilità nel nuovo anno. 

A tavola insieme sarà più bello stare se il galateo imparerai a rispettare. Con cura e collaborazione si può migliorare ogni situazione.

Posted in: Cibo e Benessere, Suggerimenti | Tagged: amore, buone abitudini, cibo, convivialità, educazione, galateo, salute, tavola

SEPARAZIONE: QUALI DIFFERENZE FRA GIUDIZIALE E CONSENSUALE?

Posted by carlab on 15 Ottobre 2019 | Leave a response
mamma che se ne va coni suoi figli

di Paola Dorigoni

Affrontare una separazione è sempre un percorso complesso e faticoso. Una esperta ci aiuta a comprendere meglio le possibili strade da percorrere.

Chiariamo un equivoco ricorrente

Care Amiche,
                      accade ormai di frequente che le persone intenzionate a separarsi ricorrano al legale e, nello studio dell’avvocato, spesso senza il partner, chiariscano subito un punto preliminare, che si può riassumere nell’ affermazione “intendo separarmi consensualmente. Non voglio una separazione giudiziale“.
Questo assunto valido in principio e comprensibile richiede però qualche spiegazione.
Perché si puntualizza di non volere una separazione giudiziale?
Perché le notizie che arrivano da fonti diverse, che vanno dalle esperienze di amici, alle trasmissioni televisive, agli articoli di quotidiani e periodici, sono conformi: la separazione giudiziale è un procedimento lungo, esaspera le coppie già in difficoltà mentre vivono i primi tempi della separazione; i costi economici sono sicuramente maggiori rispetto ad una separazione che “nasce” consensuale.
Tutto vero, ma un po’ semplificato e qui vediamo se riusciamo a dipanare qualche equivoco.
Innanzitutto precisiamo un dato che può apparire ovvio, ma accade che non lo sia: per presentare una separazione consensuale, o un accordo di negoziazione assistita (che è l’equivalente) occorre trovare, appunto, un accordo.

robot con il cuore spezzato
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Separazione consensuale significa accordo sui tre temi principali

Accordo, vuol dire che le parti hanno stabilito:

  • quale genitore rimarrà nella casa coniugale;

  • quanto sarà l’assegno di mantenimento che l’altro genitore versa per i figli e, se la situazione lo consente, per la moglie;

  • quali saranno i tempi che i figli trascorreranno con l’”altro genitore” con il quali non convivono.

Se la coppia ha trovato un accordo su questi tre punti essenziali, (ai quali si possono aggiungere altri accordi che riguardano la loro situazione particolare) la separazione giudiziale può senz’altro essere evitata. Ci sono gli estremi per avviare subito una separazione consensuale o redigere un accordo di negoziazione assistita.

Per completezza aggiungo che la separazione consensuale consiste in un ricorso redatto dall’avvocato per entrambi i coniugi: il ricorso viene depositato in tribunale e dopo 3 o 4 mesi si svolge l’udienza in Tribunale davanti al giudice per confermare l’accordo contenuto nel ricorso

L’aspetto che invece rimane sullo sfondo come un timore che può apparire giustificato ma deve essere chiarito è la separazione giudiziale.

copia che si contende i soldi

Cosa significa separazione giudiziale?

Significa che uno o entrambi i partner della coppia intendono avviare la separazione ma non hanno ancora trovato un accordo su tutti o anche su uno dei tre punti indicati.
Ad esempio, non hanno deciso:

 

  1. Chi rimane nella casa familiare con i figli?

  2. Quali giorni (della settimana) e quanti giorni e quali periodi di vacanze i figli trascorrono con l’uno e con l’altro genitore?

  3. Quanto versa il genitore che non convive con i figli per il mantenimento della prole?

  4. Se la situazione lo richiede: quanto versa il coniuge economicamente “più forte” come mantenimento per il coniuge economicamente “più debole”?

Questi problemi aprono lo spazio a molte possibili discussioni e soluzioni che dipendono dal reddito di ciascuno dei genitori, dal tempo che i figli trascorrono sia con il genitore con il quale non convivono, sia con quello con cui convivono “in via prevalente”.

Tutte le questioni sulle quali la ex coppia non riesce a trovare un accordo sono decise dal Tribunale, con tempi che variano moltissimo (mediamente da un anno a quattro anni) a seconda della situazione.

certificato di matrimonio spezzato

Può essere vantaggioso avviare la separazione giudiziale?

Premessa

Da quanto abbiamo accennato la separazione giudiziale sembra l’ultima spiaggia, il mostro che si deve cercare di evitare per non dover trascinare in tribunale liti che possono protrarsi per anni e che spesso, quasi inevitabilmente, coinvolgono anche i figli.

Tutto ciò è sicuramente vero, ma occorre una puntualizzazione, che in certi casi può rappresentare una sorta di “terza via”.

Per descriverla ricorro ad un esempio frequente. Lei/lui decide di separarsi ma l’altro/a non vuole o vuole condizioni di separazione diverse da quelle proposte dall’ex partener.

Il primo/a si rivolge all’avvocato e chiede di avviare il procedimento, ma, ritorniamo al punto iniziale, vuole una separazione consensuale.

L’avvocato inizia una trattativa con la controparte ma, nel caso che qui descrivo, la trattativa non porta ad alcun risultato: a volte perché l’altra parte non vuole separarsi e rema contro ogni accordo, a volte perché pur riconoscendo entrambi la necessità di separarsi non riescono a trovare un punto di incontro sui tre/quattro punti descritti sopra.

Le trattative possono proseguire per mesi e mesi, in un clima di stress e con una fatica spesso accentuata dalla permanenza in casa della coppia, perché chi normalmente deve lasciare il domicilio coniugale si rifiuta di farlo.
Le conseguenze di una convivenza mentre “pende” nella mente di ognuno la separazione si riflette pericolosamente sul clima familiare che rischia di diventare gravemente nocivo per tutti.


Può essere molto difficile cercare una soluzione condivisa rimanendo sotto lo stesso tetto. Può essere anche molto doloroso per i figli.
Accade anche che, dopo mesi e mesi di discussione non si raggiunga alcun accordo e così esasperati si ripieghi sulla separazione giudiziale.

fiori buttati amore finito

La possibile utilità di un “avvio” giudiziale

Come funziona, cosa provoca il deposito di una separazione giudiziale?
L’avvocato deposita un ricorso con il quale afferma che la signora Rossi (o il signore Bianchi) intende separarsi, alle condizioni che propone e che vengono precisate in detto ricorso (i tre/quattro punti di cui abbiamo detto sopra).
Non occorre fare altro. Siamo in una fase che, tecnicamente, è definita “precontenziosa”. Non occorre “sparare” addosso all’altro, ma solo cercare una soluzione soddisfacente.
Sottolineo questo approccio neutro, perché nella fase “precontenziosa” è utile evitare l’aggravamento del conflitto con considerazioni sull’altro partner, anche perché il giudice di regola non può prenderle in considerazione. Le valuterà, se le parti vogliono proseguire, “dopo”, finita la fase “precontenziosa”.
Depositando questo ricorso l’avvocato e il suo cliente ottengono un effetto importante: la fissazione di un’udienza, l’indicazione cioè di un giorno e un’ora in cui le parti si troveranno davanti al giudice per decidere i tre/quattro temi sopra menzionati.

Un altro dato di rilievo: dal deposito del ricorso alla data dell’udienza decorre un tempo di circa tre – quattro mesi (lo stesso tempo richiesto per ottenere un’udienza per confermare la separazione consensuale).
Durante questo periodo, dopo il deposito di un ricorso “giudiziale”, le parti hanno la possibilità di continuare la trattativa sapendo che: se la trattativa si concluderà porteranno l’accordo all’udienza e la separazione si trasformerà in consensuale. L’accordo viene recepito dal Tribunale come se fosse stato depositato nella separazione consensuale. Abbiamo così lo stesso risultato.
Depositando il ricorso giudiziale abbiamo l’effetto di “prenotare” un’udienza, utilizzando il periodo che precede per trovare un accordo.

Se in questi mesi non si riesce a trovare una conciliazione, si ottiene comunque un risultato: una data, un giorno, un’ora in cui il tribunale si pronuncia sui tre/quattro temi già indicati dopo aver sentito le parti e i loro avvocati che espongono i rispettivi punti di vista in questa stessa udienza.

Il giudice è tenuto a emettere i provvedimenti nel giro di pochi giorni, spesso lo stesso giorno dell’udienza. In questo modo si garantisce al partner che ha assunto l’iniziativa della separazione:

 

  1. la decisione sull’assegnazione della casa, con conseguente uscita dell’altro genitore,

  2. la quantificazione del contributo economico per il mantenimento dei figli che rimangono nella casa coniugale con il genitore con il quale vivono in via prevalente.

Preciso che si tratta di una decisione provvisoria, nel senso che se le parti non accettano il provvedimento del Tribunale il processo proseguirà per chiederne la modifica. Però un provvedimento è ottenuto e con quello anche l’autorizzazione a vivere separati.
Il provvedimento sugli aspetti economici segna spesso anche la posizione del giudice su quel processo e può essere importante per agevolare una soluzione consensuale.

Care amiche spero che l’esposizione sia stata accessibile. Il tema trattato è comunque comprensibilmente complicato e richiedere approfondimenti, soprattutto per le specificità di ogni caso concreto.
Per questo sono a disposizione per chi desideri ulteriori chiarimenti.

Posted in: Società, lavoro e comunicazione | Tagged: addio, alimenti, amore, avvocato, bambini, consensuale, disaccordo, discordia, divorzio, giudiziale, giudizio, litigio, matrimonio, Paola Dorigoni, separazione, stare insieme, tribunale, volersi bene

DOVE SI GUARDA È QUELLO CHE SIAMO

Posted by carlab on 29 Gennaio 2019 | Leave a response

di Giovanna Casadio

Per presentarci il suo nuovo romanzo, l’amica Giovanna Casadio ha scritto, appositamente per noi, alcune righe. Ve le proponiamo di seguito.

 

Roma, gennaio, 2019

 
Ho spesso desiderato che un editore chiamasse per chiedermi : “Ci mandi un pezzo sulla sua casa, anzi sulle sue case: quelle che ha amato di più, quelle che rimpiange, quelle da cui è fuggita”.
Da anni, da trent’anni, su Repubblica e altrove scrivo dei fatti, della realtà dei fatti, delle cose che accadono fuori.
Ma non è strano andare per strada, nei luoghi dove si fa cronaca inclusa quella parlamentare e politica, e desiderare invece di parlare soprattutto di casa?!
Se qualcuno me l’avesse chiesto, avrei scritto ad esempio della casa di donne di piazza Ghislieri a Pavia dove ho vissuto da ragazza, dove credo di avere appreso tutto o quasi e, più di tutto, l’infrangibilità.
Nonostante le ferite, le ammaccature, quando le donne coltivano ancora le utopie, la leggerezza, la fantasia e l’amore, beh se non è infrangibilità questa!
Poiché però nessuno mi ha mai chiesto di scrivere delle mie case, delle storie di cui erano colme, fuori dalla gabbia del lavoro e della sua routine, mi sono ripresa la libertà e l’iniziativa. E ho dato la precedenza alla casa dove non ho mai abitato, la casa della Giudecca, la Jureca, a Trapani.
E’ cominciato così questo libro per l’editore Edt a cui ho proposto un racconto di viaggio a Trapani, Erice e Marsala estremo occidente siciliano, di sapori – il cùscuso e la granita di gelsomino e le arancine  – di cunti. 
Ma in confidenza devo dirvi che volevo solo tornare alla Jureca, nella casa in cui il bello e il brutto dei racconti accanto ai quali ho trascorso l’infanzia, accadevano.
E volevo prendere per mano (l’ho sognato, davvero) chi avesse avuto, e avesse anche ora, la voglia di accettare il mio invito a casa.
Una casa di parole, di qualche comune emozione, di pensieri davanti al mare con cui annacarsi – farsi cullare – di destini, di sfregi, di risate e di rivincite.
Impastata di vento, di sale, di acqua, di Sicilia.
Se dovessi spiegare alle amiche che me lo chiedono, perché un libro così distante dal mestiere di cronista in cui mi sono esercitata per una vita, non saprei dare una risposta.
A parte quella con cui convivo in segreto e che u’dutturi, protagonista di questa storia svela, raccontando:
  • Alla vigilia della Festa dei Morti ci acquattavamo sotto la finestra aspettando che arrivassero i nostri Morti prodighi di doni magari dal Palazzo Ciambra così misterioso con la torre bugnata e dove speravamo si aggirassero i fantasmi. Strani individui coperti da pastrani si muovevano infatti discretamente di notte. Seppi crescendo che là alla Jiureca si davano appuntamento gli amanti –
  • Sei sicuro? – chiesi 
  • Giovannù, cosa c’è di sicuro se non le nostre fiabe?

 

Giovanna Casadio

 

Cronista parlamentare per “Repubblica”. Ha pubblicato per Laterza i libri intervista Quel che è di Cesare con Rosy Bindi (2009) e I doveri della libertà con Emma Bonino (2011). È autrice con Anna Vinci del testo teatrale Gli uomini mangiano i pesci sui migranti del Mediterraneo.

Posted in: Libri | Tagged: amore, casa, desiderio, donne, dove si guarda è quello che siamo, edt, erice, fantasia, femminilità, femminismo, festa dei morti, fuggire, ghislieri, giudecca, Givanna Casadio, infrangibilità, jureca, libro, mare, marsala, palazzo ciambra, parlare, pavia, ragazza, repubblica, sicilia, trapani, viaggio, vita

ADELE SCIRROTTA: L’OLIO È LA FONTE DELLA VITA

Posted by carlab on 5 Novembre 2018 | Leave a response

Di Francesca Vitelli

 

Il lavoro come vocazione

Adele non fa l’olivicoltrice ma È una olivicoltrice perché questo lavoro, la passione della sua vita, lo ha assorbito per osmosi prima dai nonni e poi dai genitori. A testimoniarlo c’è il nome dell’azienda A.co.s olearia: le iniziali dei nomi dei genitori. Adele coltiva, trasforma, imbottiglia e commercializza olio extra vergine di oliva italiano. Solo olive italiane.
Prendersi cura degli alberi significa alimentare la speranza, testimoniare il passato, ricercare il progresso, contribuire a un processo culturale per creare un futuro alle nuove generazioni.“La terra non spaventa” è il suo motto, anche quando le annate non sono buone, perché nella terra e con la terra non c’è mai fallimento, l’ulivo poi, è la pianta rigenerativa per eccellenza, il sempiterno, l’albero della speranza.

Incontrare persone e spiegare il valore dell’olio

Del suo lavoro le piace la possibilità di incontrare persone semplici di tutte le età: i bambini, i giovani, gli adulti e gli anziani a cui spiegare quanto sia importante, per la propria salute e per il benessere delle piante, scegliere un olio extravergine di qualità.
Portare in tavola un olio extra vergine italiano valorizza i territori, accentua le peculiarità delle diverse varietà che conferiscono caratteristiche di sapore, colore e piccantezza. Ma va bene anche l’olio di provenienza estera, nessuna demonizzazione a patto però, che siano rispettate due condizioni irrinunciabili: la qualità e la certezza della provenienza. Le etichette vanno lette. Sempre. Da dove vengono le olive, chi e dove le ha trasformate, chi, dove e in che anno ha imbottigliato l’olio.

Un ingrediente dalle proprietà uniche

L’olio extravergine – non si stanca mai di ricordarlo – ha le stesse proprietà chimico fisico del latte materno ed offre mille impieghi, non solo gastronomici. È usato per la preparazione dei saponi, delle creme di bellezza, dei prodotti per la cura dei capelli e per la manutenzione di utensili e oggetti in legno. I bambini delle scuole elementari – nei suoi progetti futuri – oltre ad andare in visita nelle fattorie, dovrebbero imparare l’educazione agroalimentare per conoscere e capire cosa c’è dietro un panino, un piatto di pasta e un uovo in tegamino, troppo spesso non hanno mai visto dal vero una mucca né una gallina. Una carenza da colmare.

Il mondo del frantoio

Ma dove Adele fa la differenza è nella trasformazione. Il frantoio è un mondo maschile, le frantoiane sono figure di rottura. Adele è una frantoiana. Le donne, da sempre, si sono dedicate alla raccolta delle olive e ancora oggi in diverse aziende, non in quella di Adele, sono pagate meno degli uomini. Al frantoio ci andavano gli uomini che parlavano con altri uomini. Le donne e i bambini partecipavano al momento della condivisione dell’assaggio dell’olio nuovo sul pane accompagnato dalla trasmissione orale dei racconti, che creano la storia di una comunità.
Oggi il frantoio ha perso questa funzione socio-antropologica a favore della burocrazia diventando un luogo dove compilare dichiarazioni. Adele sente la mancanza della magia vissuta da bambina nella sua terra natale, la Calabria.
Già la Calabria. I terreni di famiglia sono lì, ma la sede legale Adele l’ha portata in Toscana dove ha deciso di vivere. I motivi della scelta sono diversi ma questa è un’altra storia…

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