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Le trasformazioni della donna
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Uno spazio di scambio dedicato a tutte le donne per imparare a stare bene con se stesse

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femminilità

MENOPAUSA: UN MONDO NUOVO

Posted by carlab on 14 Febbraio 2023 | Leave a response
donna che guarda al futuro

L’universo femminile è connotato dalla trasformazione. Con la pubertà inizia quel fluttuare ciclico che accompagna la donna nella parte centrale della vita, in risonanza con la Natura e i suoi ritmi. La gravidanza poi consente di sperimentare, fisicamente dal di dentro, comunanza e condivisione. Infine la Menopausa, ultimo step, trasborda la donna su una terra stabile di maggiore continuità ma è particolarmente difficile da affrontare: il contesto sociale teme il trascorrere del tempo ed enfatizza la perdita di funzioni e con esse della stessa posizione sociale della donna, piuttosto che l’acquisizione di nuove competenze.

di Fiorenza Zanchi

Un'inversione di tendenza

Comprendere e ritrovare un senso alle modificazioni di questa fase della vita, è un punto di partenza per poterle affrontare positivamente e scegliere cosa è meglio per ognuna.

le orche che nuotano
La menopausa dei cetacei
La menopausa dei cetacei

La menopausa è una caratteristica della specie umana condivisa solo da alcuni cetacei. Le orche femmine infatti, si riproducono fra i 12 e i 40 anni, ma possono sopravvivere fino a 90 anni, proprio come le donne (mentre i maschi della specie raramente superano i 50).

I ricercatori hanno rilevato che la presenza delle femmine più anziane nei gruppi di orche, aumenta i tassi di sopravvivenza dei piccoli e che le femmine post-menopausa sono le depositarie delle “conoscenze ecologiche” del loro gruppo, con una funzione leader che emerge in modo particolare quando vi sono anni difficili (1)

“I nostri risultati mostrano per la prima volta in che modo le femmine in età post-riproduttiva possono aumentare la sopravvivenza dei parenti, ossia attraverso il trasferimento di conoscenze ecologiche. Il valore della loro saggezza può contribuire a spiegare perché le orche femmina e gli esseri umani continuino a vivere a lungo dopo aver smesso di riprodursi”(1)

Con la menopausa il “destino biologico” femminile sembra invertire la sua tendenza passando da una evoluzione in senso riproduttivo, dove il funzionamento delle ovaie e il conseguente tenore ormonale sono necessari e dominanti, ad una evoluzione in senso personale e culturale, dove il funzionamento delle ovaie e il loro tenore ormonale, perdono rilevanza.

Il focus del cambiamento è la cessazione del bioritmo ovarico e dei relativi equilibri ormonali che si erano instaurati con la pubertà. Cessa il fluttuare ciclico. C’è più stabilità. Cessa l’emorragia mensile. C’è più energia a disposizione per sé stesse. Bisogna imparare a dirigerla.

più tempo

Più tempo per me stessa...

Non è facile. È necessario credere in sé stesse. Fidarsi dei messaggi che il corpo invia per inoltrarsi in un tempo della vita dove le scale di valore cambiano: dalla centralità riproduttiva e produttiva della giovinezza e della bellezza, intesa come prestanza fisica; dai modelli che investono su erotismo, sessualità e passioni più che su sentimenti e Amore; dalle richieste di prestazioni che antepongono quantità a qualità… alla riflessione che domina sull’azione, al maggiore bisogno di interiorità, di “tempo per sé”, all’approfondimento, all’esperienza…
Le energie per operare questo cambio di coordinate, al contrario di quanto si può pensare, ci sono: non più devolute verso l’esterno, come il sangue mestruale che si perde ad ogni flusso, o le gravidanze o la cura verso il mondo (figli, mariti, genitori…), possono essere dirette verso l’interno a nutrire la propria crescita. Non a caso una delle frasi più frequenti è: ”ho bisogno di più tempo per me stessa”

Guardarsi con occhi nuovi

L’atteggiamento psicologico con cui si affrontano le trasformazioni climateriche è una variabile fondamentale. Serve sviluppare uno sguardo nuovo. Gli occhi con cui ci si guarda, giudicanti e critici piuttosto che accoglienti e tolleranti, sono in grado di influenzare la maggiore o minore entità dei disturbi che si possono presentare, in particolare quelli legati all’equilibrio nervoso e ormonale. Non a caso nelle culture più “tradizionali”, africane o latino americane, dove l’ingresso in menopausa non solo non viene vissuto come perdita ma valorizzato come tempo di maggiore autorevolezza della donna, i sintomi fisici sono meno rilevanti (2)
Ma
“ Gli adulti e i vecchi possono istruire solo se accettano sé stessi. Se accettano di esporre la loro faccia, capace di mostrare la sua verità. Anziché fare tante teorie psicologiche e sociologiche sui giovani, la generazione dei genitori e dei più vecchi, farebbe meglio a mostrare la propria faccia, a mostrare “l’opera in corso”, a mostrare l’evoluzione, il cambiamento, il senso.”(3)

varie generazioni

Una "pratica" da iniziare presto...

Già intorno ai 40 anni si può iniziare a fare il “punto” della propria vita, senza rimandare perché “tanto c’è tempo”, in realtà tempus fugit…
-cominciare a guardare un po’ più dentro sé stesse che fuori: ascoltarsi, per imparare a leggere i messaggi del corpo 

 

  • ritagliare maggiore tempo personale, con spazi riservati unicamente a sé, per relax, svago, pratiche yoga…


  • curare l’alimentazione, riscoprendo anche il piacere di cucinare e mangiare con gusto

  • 
fare un’attività fisica appagante, amando il proprio corpo per come è

  • diminuire lo stress, che significa anche:

  • riconsiderare i propri obiettivi di vita…

  • coltivare la spontaneità

Tutti elementi che possono aiutare a affrontare nel modo migliore i futuri cambiamenti.

Leggi anche

Donne con le mani legate

...Per un approdo sicuro

Una volta iniziata la “trasformazione” vale la pena di

  • prendere le distanze dai messaggi mediatici spesso poco rassicuranti, se non addirittura colpevolizzanti, verso quelle donne che non possono o non vogliono aderire agli stereotipi proposti 


  • acquisire maggiore consapevolezza di ciò che significa menopausa, di ciò che comporta, di quello che veramente succede, che si acquista e che si lascia (v. box e altri articoli sul tema) 


  • ricordarsi che la menopausa fisiologica non è mai un blackout improvviso: inizia da lontano 
preparando il cambiamento e procede per tappe progressive che hanno caratteristiche 
proprie e dunque un modo di presentarsi e intervenire diverso. Il corpo stesso insegna, basta ascoltarlo senza paure o preconcetti. 


"terminate le mestruazioni, il cuore della donna è come un bocciolo di loto che comincia a schiudersi"

(alchimia taoista femminile)

Climaterio
Climaterio

l’insieme dei fenomeni che precedono, accompagnano e seguono la cessazione dell’attività delle ovaie. Il S.N.C. e con esso la psiche, costituiscono un elemento centrale nel determinare l’insorgere della menopausa. Stress, depressione ansia si accompagnano a sintomi più fastidiosi e prolungati.


Si articola in 


  • Premenopausa: fase di passaggio tra l’attività ovarica (“periodo riproduttivo”) e l’esaurimento della attività ovarica (“periodo culturale”). Durata media è 6-8 anni.
E’ la fase più irregolare e complessa anche perché prende “di sorpresa”, dato che si può presentare già intorno ai 40 anni e comunque tra quarta e la quinta decade di vita.
Sono possibili: 


  • irregolarità mestruali che durano per molti anni e sono abbastanza evidenti, in altri casi sono appena percettibili tanto che la menopausa sembra insorgere all’improvviso. 


  • disturbi fisici, neurovegetativi, psichici, che non vengono minimamente collegati a questo processo ed invece ne sono le prime spie, come: tachicardie, stanchezza, fiato corto, vuoti di memoria, insofferenze, insonnia. 


  • modificazioni della forma corporea per deposizione di grasso addominale (“mi è venuta la pancia!”). 


  • riduzione del metabolismo basale, dunque del fabbisogno calorico e aumento del colesterolo, per il modificarsi delle sintesi 
ormonali, che rendono importante cambiare le abitudini alimentari e praticare attività fisica.


  • Menopausa: ultima emorragia fisiologica che si verifica durante il climaterio. Possono iniziare a comparire le “vampate di 
calore” in seguito alla progressiva diminuzione degli estrogeni.


  • Postmenopausa: periodo di amenorrea che segue la menopausa e conclude il climaterio. Non vi è più attività ovarica 
riproduttiva ma vi è produzione di più o meno modeste quantità di estrogeni grazie alla collaborazione del tessuto adiposo (quello depositato sulla pancia dunque ha un suo perché!) che trasforma in estrogeni gli androgeni che provengono principalmente dal surrene e dalle ovaie. Opporsi troppo all’aumento di peso, così come aumentare troppo, può produrre danni anche gravi; conoscere il senso delle trasformazioni in atto aiuta a dirigerle. 


Bibliografia
Bibliografia

(1) Lauren J.N. Brent e coll. Ecological Knowledge, Leadership, and the Evolution of Menopause in Killer Whales” -Current Biologh, Vol.25, Issue 6,16 March 2015, Pages 746-750 
(2) Alfieri Chiara “Mutazioni di ruoli nel ciclo di vita femminile post riproduttivo: il caso della donna bobo”(e a seg.) – in “The Elderly in the Mirror – percezioni e rappresentazioni della vecchiaia” a cura di Antonio Guerci- Stefania Consigliere – Biblioteca di Antropologia della Salute, vol. 4- Erga edizioni
(3)Hillman J. ”La forza del carattere” – Milano: Adelphi, 2000

Posted in: Menopausa, Salute per la donna | Tagged: credere, destino biologico, donna, femminilità, figle, flusso, mariti, menopausa, mestruazioni, perdita di funzioni, tempo

DONNE, SESSUALITÀ, ETÀ DELLA VITA: LA GRAVIDANZA

Posted by carlab on 11 Febbraio 2019 | Leave a response

di Fiorenza Zanchi*

Un corpo che cambia

La gravidanza porta con sé un profondo mutamento della figura femminile: linee morbide, ricettive, arrotondate, modificano l’immagine corporea della neo mamma.
Nonostante la gioia dell’attesa e la meraviglia del potere creativo che le nuove forme esprimono non è facile accettare un corpo che cambia in modo così radicale allontanandosi inesorabilmente dall’ideale dominante di bellezza e sex-appeal sinonimi di magrezza e soprattutto, vero e proprio must, di “pancia piatta”.

Piacerò ancora?

Come non sentirsi inadeguate?
Come superare il timore di non essere più fisicamente desiderabili, di non attrarre più sessualmente il proprio compagno? E d’altra parte, come può vivere questo cambiamento il neo papà?

Imparare a “sintonizzarsi” senza insicurezze con questa fisicità che si espande, essere più che mai orgogliose di sé stesse è il segreto per non mettere a rischio la propria autostima e acquistare il senso di una nuova bellezza. Il corpo certo non è più quello di prima e a volte puoi sentirti grossa, pesante, impacciata…

Parola d’ordine: star bene con sé stesse

Tuttavia il “trucco” c’è. Non fermarti a pensare a ciò che eri o a confrontarti con modelli esterni, concentrati invece sulla tua nuova identità e originalità:
-valorizza le parti che acquistano in bellezza, come il seno, la pelle, i capelli, le unghie..
-utilizza indumenti comodi ma capaci di sottolineare la tua femminilità e..
-mostra con orgoglio il grande potere creativo che, innegabilmente, è in te.
Non lasciarsi coinvolgere e impressionare dalle immagini e dagli stereotipi del “magra è bello” è il passo fondamentale per superare i momenti difficili.

Insomma: star bene con sé stesse, facendo tutto ciò che piace e aiuta a sentirsi meglio. Percepirsi positivamente, accettare le trasformazioni in atto sentendosi a proprio agio, piene dell’esperienza che si sta vivendo, curiose dei cambiamenti che si verificano, pronte a sperimentare anche nuove sensazioni e nuove dinamiche nella vita sociale così come in quella privata e nel rapporto con il compagno.

Allora la gravidanza non solo non è una limitazione alle attività quotidiane né tanto meno un ostacolo alla sessualità e al rapporto con il partner, ma diviene un vero e proprio “territorio” di scoperta, di incontro, di conoscenza.

Un nuovo sex appeal

Questo “nuovo” corpo, così turgido e femminile è anche più che mai sensibile agli stimoli anche più tenui.
Non a caso i sondaggi epidemiologici rivelano che esiste un miglioramento spontaneo dei rapporti sessuali durante la gravidanza, in un numero statisticamente rilevante di coppie e fin dai primi mesi di gestazione. Ciò è probabilmente dovuto alla vera e propria inondazione ormonale cui va soggetta la neo mamma, in grado di incidere anche sulla sua sessualità.
Nelle mammelle così come negli organi genitali, circola più sangue e tutti i tessuti sono al massimo delle loro potenzialità percettive. Proprio per questa particolare disposizione fisica spesso il desiderio sessuale aumenta ed il rapporto può divenire molto più soddisfacente di prima. Anche la mutata forma del corpo esercita un nuovo sex appeal, spinge alla ricerca di nuove posizioni e funge così da stimolo alla fantasia.

Superare i tabù

Non a caso indagini rivelano che è molto bassa la percentuale di uomini che tradisce la moglie durante la gestazione, mentre sono molti quelli che si sentono attratti e affascinati dal corpo gravido che cresce: così profondamente e pienamente femminile.
Sono quindi solo vecchi tabù o infondate insicurezze che possono ostacolare una possibile vera e propria “rivitalizzazione” della vita sessuale.
L’unione della coppia può trarne giovamento ed anche la profondità e la soddisfazione del rapporto.

Fondamentale è che tu per prima ti guardi con piacere e scopra la nuova armonia che vai acquistando per poterla cogliere e comunicare a chi ti circonda.

Facciamo male al bimbo?

Il timore che fare l’amore sia pericoloso per il bimbo o per l’andamento della gestazione è un altro ostacolo alla serenità della vita sessuale in gravidanza.
In realtà è infondato: non c’è alcun rischio di infastidire il bambino e meno ancora di ferirlo, “contaminarlo” o infettarlo: è ben chiuso e protetto all’interno dell’utero e del suo sacco amniotico, dove è praticamente irraggiungibile!

Al contrario i rapporti sessuali vissuti con tenerezza e reciproca soddisfazione non possono che giovare, oltre che a mamma e papà, anche al bimbo che certamente percepisce un accresciuto benessere. Un buon rapporto sessuale migliora infatti l’equilibrio psico-fisico della gestante: il respiro diviene più ampio e profondo, la circolazione più libera e piena, maggiore è l’equilibrio ormonale, la digestione più rapida ed efficace… tutto ciò si comunica al feto sotto forma di messaggi bio-umorali positivi.

Controindicazioni e…

Dovrai limitare gli incontri con il compagno solo nel caso di una tendenza accertata all’aborto o al parto pretermine.
Il rapporto sessuale infatti può aumentare l’attività contrattile dell’utero e facilitarne la dilatazione grazie alla presenza nel liquido seminale maschile di particolari sostanze chiamate prostaglandine.
Queste sono in grado di influire proprio sul muscolo uterino e sul rilasciamento della cervice (collo dell’utero).
Per fortuna tale effetto si può verificare solo se esistono le adatte condizioni cioè se già l’utero tende a contrarsi spontaneamente e la cervice a rilasciarsi anzi tempo, come nel caso di minaccia di parto pretermine o, nel primo trimestre, di minaccia d’aborto. In assenza di condizioni patologiche non vi è alcun rischio di aborto o travaglio anticipato.
Anche qualche contrazione in più dopo un rapporto è assolutamente fisiologica e basta qualche minuto di rilassamento e di respirazione tranquilla perché l’utero si acquieti.

Benefici

Se poi si avvicina il termine della gestazione ( 38a-40a settimana) questa capacità di far aprire e contrarre l’utero, propria delle prostaglandine contenute nello sperma, diventa addirittura positiva perché, essendo ormai il momento propizio, può facilitare l’insorgenza e l’andamento del travaglio.

In alcune tribù africane è ritenuta “terapeutico” e viene consigliato alla gestante, vicina al termine dei nove mesi, di incrementare l’attività sessuale, per stimolare le contrazioni e garantire un buon andamento del parto in modo piacevole e del tutto…naturale.

Quale metodo di “parto pilotato” potrebbe infatti essere migliore?

 

 

 

 

 

 

*liberamente tratto da: “Avere un figlio” – G.Cella/F.Zanchi – Fabbri ed. ‘03

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DOVE SI GUARDA È QUELLO CHE SIAMO

Posted by carlab on 29 Gennaio 2019 | Leave a response

di Giovanna Casadio

Per presentarci il suo nuovo romanzo, l’amica Giovanna Casadio ha scritto, appositamente per noi, alcune righe. Ve le proponiamo di seguito.

 

Roma, gennaio, 2019

 
Ho spesso desiderato che un editore chiamasse per chiedermi : “Ci mandi un pezzo sulla sua casa, anzi sulle sue case: quelle che ha amato di più, quelle che rimpiange, quelle da cui è fuggita”.
Da anni, da trent’anni, su Repubblica e altrove scrivo dei fatti, della realtà dei fatti, delle cose che accadono fuori.
Ma non è strano andare per strada, nei luoghi dove si fa cronaca inclusa quella parlamentare e politica, e desiderare invece di parlare soprattutto di casa?!
Se qualcuno me l’avesse chiesto, avrei scritto ad esempio della casa di donne di piazza Ghislieri a Pavia dove ho vissuto da ragazza, dove credo di avere appreso tutto o quasi e, più di tutto, l’infrangibilità.
Nonostante le ferite, le ammaccature, quando le donne coltivano ancora le utopie, la leggerezza, la fantasia e l’amore, beh se non è infrangibilità questa!
Poiché però nessuno mi ha mai chiesto di scrivere delle mie case, delle storie di cui erano colme, fuori dalla gabbia del lavoro e della sua routine, mi sono ripresa la libertà e l’iniziativa. E ho dato la precedenza alla casa dove non ho mai abitato, la casa della Giudecca, la Jureca, a Trapani.
E’ cominciato così questo libro per l’editore Edt a cui ho proposto un racconto di viaggio a Trapani, Erice e Marsala estremo occidente siciliano, di sapori – il cùscuso e la granita di gelsomino e le arancine  – di cunti. 
Ma in confidenza devo dirvi che volevo solo tornare alla Jureca, nella casa in cui il bello e il brutto dei racconti accanto ai quali ho trascorso l’infanzia, accadevano.
E volevo prendere per mano (l’ho sognato, davvero) chi avesse avuto, e avesse anche ora, la voglia di accettare il mio invito a casa.
Una casa di parole, di qualche comune emozione, di pensieri davanti al mare con cui annacarsi – farsi cullare – di destini, di sfregi, di risate e di rivincite.
Impastata di vento, di sale, di acqua, di Sicilia.
Se dovessi spiegare alle amiche che me lo chiedono, perché un libro così distante dal mestiere di cronista in cui mi sono esercitata per una vita, non saprei dare una risposta.
A parte quella con cui convivo in segreto e che u’dutturi, protagonista di questa storia svela, raccontando:
  • Alla vigilia della Festa dei Morti ci acquattavamo sotto la finestra aspettando che arrivassero i nostri Morti prodighi di doni magari dal Palazzo Ciambra così misterioso con la torre bugnata e dove speravamo si aggirassero i fantasmi. Strani individui coperti da pastrani si muovevano infatti discretamente di notte. Seppi crescendo che là alla Jiureca si davano appuntamento gli amanti –
  • Sei sicuro? – chiesi 
  • Giovannù, cosa c’è di sicuro se non le nostre fiabe?

 

Giovanna Casadio

 

Cronista parlamentare per “Repubblica”. Ha pubblicato per Laterza i libri intervista Quel che è di Cesare con Rosy Bindi (2009) e I doveri della libertà con Emma Bonino (2011). È autrice con Anna Vinci del testo teatrale Gli uomini mangiano i pesci sui migranti del Mediterraneo.

Posted in: Libri | Tagged: amore, casa, desiderio, donne, dove si guarda è quello che siamo, edt, erice, fantasia, femminilità, femminismo, festa dei morti, fuggire, ghislieri, giudecca, Givanna Casadio, infrangibilità, jureca, libro, mare, marsala, palazzo ciambra, parlare, pavia, ragazza, repubblica, sicilia, trapani, viaggio, vita

Il lavoro al femminile – Valentina Scotti

Posted by donnetra on 4 Novembre 2016 | Leave a response

Valentina Scotti

Il lavoro al femminile

Al centro di discussioni, riflessioni, conflitti, il lavoro femminile resta un problema ancora irrisolto nella nostra società .
Le donne hanno ormai ampiamente dimostrato di poter svolgere qualsiasi mansione, occupare qualsiasi carica, farsi carico di ruoli un tempo impensabili al “femminile”: dal servizio militare alla guida di governi mondiali.
In ogni ambito lavorativo la “parità”, se non scontata, è almeno percorribile.  Ma organizzazione, tempi, contenuti sono costruiti su modelli maschili.
Il traguardo è davvero solo quello di raggiungere un’uguaglianza che rischia di soffocare le peculiarità femminili?
Esiste una strada per orientare il lavoro delle donne rispettando le differenze, i ritmi, le caratteristiche che fanno parte della loro identità?

Essere donna o essere uomo, sul lavoro fa o può fare la differenza?
Quali sono le sfide che dobbiamo affrontare per lavorare valorizzando la diversità?

Per provare a rispondere a queste domande desideriamo iniziare un percorso di condivisione e riflessione comune intervistando donne con ruoli ed età differenti, che stanno provando ad affrontare il lavoro sviluppando le loro potenzialità femminili.

Questo spazio è dedicato anche alle esperienze di tutte voi. Scriveteci le vostre testimonianze e le vostre riflessioni.

Giovani imprenditrici: il lavoro femminile rinnova

Valentina Scotti, 33 anni, una famiglia di imprenditori: da sempre uomini.
Appartiene alla prima generazione di donne che ha avuto accesso al lavoro nell’azienda.
È un esempio anche per le due sorelle più giovani: una ventata di rinnovamento nell’impresa paterna, che produce riso e altri prodotti alimentari di qualità.

La preparazione

La sua preparazione è stata rigorosa.
Uno studio alla Bocconi, poi diverse esperienze lavorative, prima alla Lavazza, di New York, poi come consulente di ditte alimentari impegnate su diversi fronti.
Un ruolo, questo, che le ha insegnato a confrontarsi in modo pragmatico e preciso con i processi produttivi affrontando criticità e soluzioni con capacità analitiche e decisione.
“Un ruolo ingegneristico, più che di marketing”, ci spiega.
Questa dura iniziazione le ha consentito di conquistare la fiducia del padre, che le ha affidato il compito di rivedere il format di ristorazione legato all’azienda, rinnovandolo e ampliandolo.

Il primo compito

Come ha affrontato questo compito?

Sono partita dalla mia esperienza personale.
Mi sono interessata di cibo molto presto sperimentando diverse diete, fra cui la macrobiotica e questo mi ha aiutato a conoscere ingredienti nuovi, come i cereali integrali.
Ho compreso che la dieta ha un ruolo centrale per la salute.
Questo mi ha aiutato a rigenerare il menu del ristorante, una semplice “risotteria”, inserendo anche nuovi prodotti, cerali antichi, per esempio.
Il successo ci ha consentito di aprire nuove sedi con il marchio So’Riso, dove offriamo ricette appetitose senza glutine, senza lattosio, con grassi di qualità, a partire dalla prima colazione.
La richiesta aumenta e in futuro vorremo fare qualcosa di specifico per famiglie e bambini.
Mi piace occuparmi di cibo, sento che è un lavoro molto vicino alla mia femminilità.

Nuovi confini

Il suo ruolo in azienda va ampliandosi?

Sto curando la succursale Riso Scotti in Romania, che lavora con i paesi dell’Est. In queste aree geografiche le donne sono molto più rispettate sul lavoro e coprono spesso ruoli dirigenziali.
Credo che tutto sia partito dalla famiglia. Conflitti e difficoltà politiche hanno indebolito il ruolo degli uomini, spesso assenti, o costretti a migrare.
Così le donne hanno portato avanti le famiglie da sole, con forza, sono state capaci di trasferire queste esperienze di responsabilità e, contemporaneamente, di capacità di ascolto e di cura, anche in ambito lavorativo.

Esprimere le differenze

Questa esperienza la influenza?

All’Est mi sento molto a mio agio. Con le donne, lo confesso, lavoro meglio. A patto che non si lascino travolgere eccessivamente dall’emotività. Sono capaci di riflettere, empatiche, precise e diligenti.
Talvolta hanno una eccessiva ansia di emergere, forse per riscattarsi dal senso di inadeguatezza atavico legato alla società patriarcale. Così, quando arrivano a un ruolo dirigenziale, rischiano di farsi dominare dal desiderio di dimostrare che sono le più brave, a costo di prevaricare anche altre donne.
Io amo le donne che si permettono di vivere la loro identità, che sanno esprimere la loro differenza.

Strade diverse

Quali prospettive immagina per il futuro?

Riflettendo sulle imprenditrici della generazione che mi ha preceduto…. mi rendo conto che dobbiamo cambiare.
Molte di loro, per fare carriera, hanno dovuto rinunciare alla famiglia, ai figli, a un rapporto solidale con altre donne. Un sacrificio che ha pesato duramente sul loro benessere. Grazie a questo modello la mia generazione sa che deve cercare strade diverse.

Guidare altre donne

Alla luce di queste riflessioni, come si mette in relazione con le sue dipendenti?

Certo, il mercato del lavoro è duro. Negli ingranaggi del sistema produttivo fare figli, per esempio, resta una criticità non ancora superata.
Io cerco di essere solidale. Di accogliere le esigenze delle mie dipendenti. In cambio chiedo sincerità, chiarezza, uno scambio che mi permetta di comprenderle.

L’attenzione nella scelta di prodotti

Quando seleziona gli ingredienti, ha un occhio attento alle esigenze delle donne?

L’attenzione alla qualità del cibo fa parte da sempre della cultura femminile. Quindi, quando scelgo, sono consapevole che le donne esamineranno con cura le mie proposte. Il rispetto per l’ambiente e per la salute sono due aspetti che non trascuro mai, proprio per questo seleziono solo prodotti certificati e provo a elaborare menu leggeri, senza sacrificare il gusto.

Valentina Scotti intervistata da Carla Barzanò

Posted in: Storie di vita | Tagged: alimentazione, benessere, Carla barzanò, cereali integrali, cibo, dieta, donne, femminilità, imprenditrici, lavoro, riso, Scotti, Valentina Scotti

Riscoprire il valore del femminile, di Fiorenza Zanchi

Posted by donnetra on 4 Dicembre 2013 | 1 Response

– Nel libro “La bambina che non esisteva” Siba Shakib, scrittrice e regista iraniana che si è molto occupata  della condizione delle donne in Afghanistan, descrive questo dialogo che avviene tra due dei protagonisti:

“ dopo che ti sei alzata cosa fai, chiede Samir,“…nulla, non faccio nulla”, …“Nulla?”, “Accendo il fuoco, dice Gol-Sar” “E poi?” “Nulla” dice Gol-Sar, ride, “… accendi il fuoco e poi?”, “E poi vado al torrente a prendere l’acqua.” “E poi?” “ E poi metto la pentola sul fuoco, sveglio i miei fratelli e sorelle più piccoli, li lavo e, se ce l’abbiamo, do’ loro il tè. Poi impasto il pane, lo cuocio, torno al ruscello, lavo i vestiti, pulisco la tenda porto le capre al pascolo. … Nulla è una vita piena di Nulla”

Flessibilità e adattabilità
Credo che, al di là del contesto, questo brano metta a nudo con estrema immediatezza uno dei sentimenti dominanti che ancora oggi percepisco, o mi viene riportato da tante delle donne incontrate nel mio lavoro, rispetto a tutto ciò che incarna quello che io chiamo il “femminile del femminile”: il principio acquatico e lunare del femminile nei simboli e nelle tradizioni. Una dimensione che, come l’acqua, è capace di adattarsi a tutte le forme senza mai perdere la propria forma, sa accogliere, contenere, quindi anche prendersi cura, nutrire e trasformare. Dunque è metafora di disposizione all’ascolto, al dialogo, alla relazione, al sentimento. Quell’incredibile flessibilità che tutti i giorni sperimentiamo nell’attitudine alle mansioni più disparate, spesso svolte contemporaneamente, proprio come fa Gol-Sar, e con essa la disposizione all’unitarietà e alla sintesi, quindi alla capacità di cogliere più aspetti contemporaneamente. Una capacità oggi dimostrata anche dall’evidenza scientifica della maggiore integrazione tra l’emisfero cerebrale destro e sinistro nelle donne.

Mutevolezza e ritmi femminili
E ancora, quella dimensione che, come la luna, è la disposizione al mutamento, alla variabilità, alla erraticità. Una sorta di eterno ritorno connaturato a ciò che rappresenta l’impronta strutturale del femminile: il ritmo ciclico cui è legata “la possibilità di rinnovamento perenne,  di comprendere le trasformazioni, di accettare che ogni ciclo abbia un termine, …”( C.PinKola Estès –Donne che corrono con i lupi), di capire come ogni aspetto della realtà sia profondamente connaturato agli occhi che la guardano, alla fase che si attraversa, di intuire.

Ma tutto questo per Gol-Sar, come per tante donne, è “nulla” . Se in un circolo di amiche, come mi è capitato non molto tempo fa, ognuna racconta cosa fa nella vita: operaia, manager, artigiana, intellettuale, giornalista, tutte hanno un ruolo, tranne chi si trova nella posizione di Gol-Sar, che generalmente tende a stringersi nelle spalle e a dire: ” “Nulla”, io non faccio nulla”.

Una percezione di sé, che diviene immediatamente un sentimento di insufficienza, di inadeguatezza, di sfiducia e sottovalutazione dei propri punti di vista, delle proprie intuizioni, del proprio sentire immediato, spontaneo. Sentimento reso forse ancora più acuto dal confronto sempre più ravvicinato e diffuso con la sfera lavorativa “maschile”, con il suo logos, la sua fredda razionalità, il perdurare, la continuità, l’analisi, in cui le donne sono sempre più immerse ma soprattutto a cui immancabilmente viene attribuito maggiore valore, anzi “il valore”.

Non a caso sovente i mass media, quando parlano delle donne impegnate nel lavoro di cura famigliare lo denunciano come rinuncia ad una occupazione “normale e dignitosa”.

Non dico questo per indurre un ritorno alle mura domestiche e ai fornelli, ma per riflettere sulle funzioni, sulle specificità di un ambito, di una capacità e di un potere del femminile così fondamentale e oggi così poco valutato, sino all’annullamento.

Per non parlare dei conflitti che la mancanza di “pari opportunità” per questi aspetti del femminile comporta.

Penso a una giovane ostetrica da poco mamma che mi diceva: “ sa dottoressa, mi sento sempre inadeguata e in colpa, se sono in casa con il bambino perché mi sembra di trascurare il lavoro e se sono al lavoro perché mi sembra di trascurare i bambino!”

E ancora, penso a una paziente cui si erano arrestate le mestruazioni, (come succede a tante!), perché la tensione lavorativa che la richiedeva sempre attenta, controllata,  “ragionevole”, era così forte che qualsiasi suo bioritmo o fluttuazione si erano bloccate! In questi casi, dare la pillola, non fa che mascherare un disagio che resta, anzi: diventa sempre più profondo.

Forzare i propri ritmi causa squilibri
Perché in realtà qualsiasi dimensione-stato d’animo- sofferenza o gioia, qualsiasi trasformazione della donna, si riflette molto facilmente sulla mestruazione e sulle funzioni fisiche proprie del femminile

Gli stress, i conflitti, le problematiche sono il più delle volte espressi come alterazioni del ciclo mestruale, prima ancora di essere realizzati come modificazioni di stati d’ animo o sofferenza emotiva e psichica.  Quindi anche molto prima che siano recepiti dalla coscienza!

Quante volte vedo questi problemi! Sovente nascondono lo sforzo di reprimere i propri ritmi, i propri  stati d’animo, le proprie emozioni/intuizioni. Una sorta di estraniamento da se stesse, per sentirsi accettate in una cultura che da secoli considera queste parti appunto  “imprevedibili, volubili e inaffidabili”(ibidem):  inferiori, “nulla”.

La soluzione non è conformarsi ai modelli maschili
Per questo noi donne cerchiamo di conformarci alla stabilità e alla continuità, sfuggendo allo stereotipo dell’”angelo del focolare” e gettandoci a capofitto  in  un mondo lavorativo costruito unicamente su modello maschile ma “normale e dignitoso”. Troppo spesso interiorizziamo quella sorta di “diavolo” culturale che svaluta, a partire da noi stesse, prima ancora che dall’esterno, tutto ciò che viene “dal fluttuare e dall’erraticità dell’anima femminile, dal sentimento e dalla guida dell’eros,”  (ibidem).

Oggi è un po’ come se fossimo in bilico, a un punto di svolta, su una strada che, nonostante tutte le conquiste, mette ancora continuamente in discussione questa parte centrale della dimensione femminile, senza punti di riferimento e senza quasi che ce ne accorgiamo più, salvo ammalarci(le anomalie del ciclo mestruale, per esempio, rappresentano in più del 15% dei casi il motivo che induce a rivolgersi al medico e la depressione è doppia nel sesso femminile rispetto a quello maschile).

Per star bene, per essere “in forma”, o meglio,  per trovare la “nostra forma” abbiamo bisogno di ricontattare questa parte e di avviare una sintesi nuova.

Ricontattare la nostra identità più profonda
A questo punto la domanda è: come fare? Da dove iniziare per ricontattare quella parte della nostra identità più intima, che ancora rimane sprofondata nel “nulla”? Come ri-comprenderne la dignità, il valore, direi quasi la “necessità”?

Un punto fermo c’è ed è il corpo, una sorta di vero e proprio libro in cui dobbiamo imparare o re-imparare a leggere, da cui possiamo partire per riflettere e riprendere contatto con le radici profonde dell’identità femminile.

Il percorso che propongo, parte proprio dal corpo della donna, riletto e decifrato attraverso la lente dell’analogia e dei simboli che rappresentano una vera e propria guida per comprendere le specificità, i ritmi, le esigenze, le trasformazioni, la forza e la fragilità che gli appartengono. Insomma attraverso la possibilità di sperimentare e interpretare quelle voci  interiori che consentono di dare forma ad una identità autentica e profonda, al di là dei modelli e delle censure, anche a dispetto del pensiero razionale, per continuare il cammino nella consapevolezza della propria realtà: con la propria specifica forza e i propri limiti.

E’ un viaggio affascinante, perché realmente “Il corpo insegna” e proprio attraverso le sue leggi possiamo imparare a “vedere” e ritrovare il valore di tutto quello che sino ad ora abbiamo solo guardato o addirittura subito.

Fiorenza Zanchi

Posted in: Società, lavoro e comunicazione | Tagged: adattabilità, conflitti, femminilità, Fiorenza Zanchi, flessibilià, identità profonda, modelli maschili, mutevolezza, ritmi femminili, squilibri, valore femminile

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