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Author: donnetra

L’ “intimo” alla ricerca di un nuovo stile – La plastica vaginale: una tendenza in crescita fra le donne più giovani, di Fiorenza Zanchi

Posted by donnetra on 18 Gennaio 2018 | Leave a response

disegno di Pat Carra (SEX OF HUMOUR)

“Il corpo è mio e lo gestisco io”

Era questa la parola d’ordine con cui negli anni 70/80 le donne scendevano in piazza per rivendicare la consapevolezza della loro identità fisica e la volontà di tutelarla da qualsiasi tentativo di manipolazione o “esproprio” : sessuale, culturale, scientifico, medico, estetico…

Fare con e del proprio corpo quello che si vuole.

Sentirsi libere di affermare la propria identità così come è e per quello che è.

O di cambiarla.

L’ultima possibilità sembra oggi più che mai vincente: dopo seni, pance, nasi, labbra, occhi, orecchie…ormai anche i genitali, relegati a lungo in una sorta di “zona d’ombra” di scarsa attenzione, perlomeno “estetica”, emergono alla luce e acquistano piena visibilità … meglio se adeguandosi ai più affermati “modelli” proposti da blog, televisioni, riviste per… teenager.
Sono infatti queste ultime che negli USA richiedono in numero sempre maggiore interventi di plastica vulvare.
Ma il fenomeno è presente anche da noi, pur mancando ancora statistiche precise.

Omologarsi o affermare la differenza?

Lo rivelano studi recenti (a) sottolineando che il desiderio e la motivazione principali, nel richiedere una plastica vulvare, sono quelli di “adattarsi” -”omologarsi” a un’ idea collettiva del corpo femminile ideale, piuttosto che “distinguersi” affermando una propria specifica identità.

Insicurezza? Paura del confronto? identità in crisi così profonda da accettare di barattarsi con modelli mediatici astratti, ma che danno certezze e punti di riferimento?

Oppure eliminazione dei difetti e ricerca del bello, della perfezione, dell’armonia?

Superamento dei contrasti attraverso la cancellazione delle differenze individuali? “Globalizzazione” del corpo?

Il corpo: questo sconosciuto

Sicuramente: ignoranza del corpo reale.
E’ quello che più sovente verifico: il corpo è un “oggetto” sconosciuto, in particolare i genitali e tutti i “cicli” femminili che ruotano intorno ad essi.

Con inconsapevolezza di una identità fisica unica, diversa, speciale e “normale” per ogni donna.

Non a caso le fonti più comuni di informazione sulla “normalità” dei propri genitali e sulla chirurgia plastica sono, specie tra gli adolescenti, le riviste per teenager, i blog, la televisione…(b)

Che evidentemente hanno invece ben chiaro cosa e come deve essere il corpo delle donne.

Esiste la vulva “doc”?

E ciò, malgrado neppure tutta la buona volontà di studiosi e ricercatori, stimolata dalla sempre maggiore attenzione all’apparenza dei genitali esterni, sia riuscita ad arrivare a un consenso su parametri che permettano di stabilire la “normalità” o meno di una vulva. Nemmeno per indicare validi criteri di intervento chirurgico. (c)

E dopo 40 anni di professione, non posso che essere d’accordo.

L’aspetto dei genitali ha una grandissima variabilità e questo è perfettamente normale. Non solo non comporta alcun problema, ma anzi conferisce “eros” all’incontro sessuale.

In particolare le piccole labbra, le più “bersagliate” dalle richieste di restyling chirurgico, possono davvero avere rilevanti variazioni di forma, grandezza, aspetto, colore che sono del tutto normali e assolutamente peculiari in ogni donna(d). Persino l’asimmetria delle labbra vulvari è comune esattamente come non esiste praticamente una metà del corpo sovrapponibile all’altra metà.

Adolescenza: il mistero svelato

La pubertà è l’epoca in cui la vulva si modifica. In particolare proprio le piccole labbra che si ingrandiscono per raggiungere la loro dimensione adulta.

Per la prima volta questa parte del corpo diviene improvvisamente presente e visibile: impossibile ignorarla, tanto più che l’uso sempre più diffuso di depilare il pube rimuove anche quel “vedo/non vedo” che velava di un certo mistero l’anatomia genitale.

Nulla può sfuggire, la vulva è esposta in “primo piano”.

E’ facile avere dubbi sulla propria “normalità/bellezza” specie se ci si confronta con immagini/modello mediatiche, tanto idealizzate quanto asettiche, ma certamente persuasive, per  teenager alla ricerca di punti di riferimento. È facile convincersi che l’aspetto estetico dei propri genitali non sia adeguato, che esista una sorta di “vulva perfetta”.

Prendersi cura di sé…

Certamente è un bene prendersi cura di sé, come le donne hanno sempre fatto, per il proprio benessere e per migliorare la propria sicurezza, la propria energia seduttiva.

Può aiutare usare appositi detergenti, creme emollienti, pulire, profumare, anche tingere o tagliare i peli pubici; utilizzare, al bisogno, indumenti che non comprimano o stringano ma sostengano e supportino, specie durante le attività sportive, ovverosia dedicare tempo e cura anche ai propri genitali.

Altra cosa, ben più impegnativa e “definitiva” è intervenire chirurgicamente, atto che per modificare forma e volume dei genitali, inevitabilmente incide sull’integrità dei tessuti.

… senza correre rischi

Tanto più che quello sui genitali non è un “intervento da nulla”

La chirurgia “estetica” interviene su una vulva, magari non “ideale” ma di per sé perfettamente sana, diversamente da un trattamento di “cura”, laddove sussiste una vera e propria  patologia che affligge i genitali. Motivo di più per valutare con estrema attenzione rischi e benefici.

Come sottolinea il documento di consenso dell’American College of Obstetricians and Gynecologists(a) la “labioplastica” non è un piccolo intervento privo di possibili conseguenze.

Esattamente come in ogni intervento chirurgico, infatti, ci possono essere complicazioni: ematomi, edemi, infezioni, retrazioni cicatriziali con esiti di sofferenza anche cronica, nonché rapporti più dolorosi e meno soddisfacenti… infatti, anche la sensibilità di una parte del corpo così delicata può venire alterata modificando, tra l’altro, proprio la percezione del piacere sessuale

Non dimentichiamo che la vagina è riccamente innervata e la maggior parte delle sue fibre nervose sono, appunto, deputate al piacere! Meglio pensarci bene prima di rischiare di comprometterle…

a) “Breast and Labial Surgery in Adolescents” Obstetrics & Gynecology -Number 686, January 2017 – Committee on Adolescent Health Care
b) Pearl A, Weston J. Attitudes of adolescents about cosmetic surgery. Ann Plast Surg 2003 Jun;50(6):628-30.
c)Hailparn TR. What is a girl to do? The problem of adolescent labial hypertrophy [abstract]. Obstet Gynecol 2014;123(suppl):124S–5S.
d) Lloyd J, Crouch NS, Minto CL, Liao LM, Creighton SM. Female genital appearance: “normality” unfolds. BJOG 2005;112:643–6.

(The great wall of vagina” – opera dello scultore Jamie McCartney)

Posted in: Eros e bellezza, Ginecologia, Salute per la donna | Tagged: chirurgia plastica, confronto, corposconosciuto, Fiorenza Zanchi, genitali, identità in crisi, Insicurezza, paura, plastica vulvare, teenager, vagina

Ricette rigeneranti e sostenibili per il nuovo anno, di Carla Barzanò

Posted by donnetra on 22 Dicembre 2017 | Leave a response

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La dieta naturale
®
gusto, salute, cultura

di Carla Barzanò
Un percorso che rispetta la natura e la costituzione

Ricette rigeneranti e sostenibili per il nuovo anno

Festeggiare gioiosamente, godere le delizie del cibo senza abusarne, scegliere ingredienti sostenibili per l’ambiente, la salute e il benessere degli animali.
Sono queste le parole chiave  per interpretare i menu delle feste.
Uno spunto per imparare a scegliere il cibo che fa bene a noi e alla natura. Senza rinunciare al gusto.
Ecco due ricette da provare e portare con sé nel nuovo anno. Per cominciare, scegliete  ingredienti biologici!
Le dosi sono per 4 persone

Auguri!


Lasagne con le lenticchie
Ingredienti:

per la pasta 300 g di farina di semola di grano duro, 100 g di spinaci, acqua q.b.; per  il condimento 120 g di lenticchie di piccolo formato, ammorbidite 1 notte in acqua e sciacquate, 1 carota, 1 cipolla, 1 gambo di sedano, 1 rametto di rosmarino, 200 g di pomodori pelati, 1 foglia di alloro, 1 rametto di rosmarino, 1 rametto di timo, 2 cucchiai di olio evo, sale q.b.; per la besciamella 5 dl di latte vaccino o di soia, 1 cucchiaio di olio evo, 40 g di farina integrale, sale e coriandolo q.b. ; per la pirofila  40 g di semi di girasole; 1 cucchiaio abbondante di olio evo, se desiderati 5-6 cucchiai di grana o di pecorino grattugiati.

Cuocete a vapore gli spinaci. Scolateli bene e riduceteli in purea.

Versate la farina in una terrina, aggiungete gli spinaci e impastate. Unite, se necessario, poca acqua, in modo da ottenere un impastosodo e elastico. Lasciate riposare un’ora.

Tritate carote, sedano e cipolla. Unite le lenticchie, i pelati sminuzzati, le erbe aromatiche, l’olio, sale quanto basta. Mescolate, coprite e sufate 30 minuti.

Frullate il latte con la farina, l’olio sale e coriandolo q.b., versatelo in un pentolino e fate raddensare, mescolando, 5 minuti.

Formate le lasagne, dopo aver tirato sottile la pasta con il matterello. Cuocetele, molto al dente, in abbondante acqua salata. Adagiatele su uno strofinaccio pulito.

Ungete una profila e mettetevi, a strati, le lasagne, alternandole con lenticchie e besciamella. Cospargetele con i semi di girasole.

Infornate, a 180 gradi, per circa 25 minuti.

Servitele con semi di sesamo tritati e/o formaggio grattugiato da aggiungere a piacere.

Le lenticchie sono un’ottima fonte di fibre, minerali e aiutano a regolare il colesterolo.

 

Crocchette di patate dolci con cavolo rosso
Ingredienti:

per il cavolo
600 g di cavolo rosso, circa 3 centimetri di corteccia di cannella, 2 bacche di ginepro, 2 chiodi di garofano, 1 cipolla, 1 foglia d’alloro, 1 rametto di timo,  1 mela, 1 cucchiaio di uvette, 2 cucchiai di olio extra vergine d’oliva, 3 cucchiai di aceto di mele, sale marino integrale q.b.
per le frittelle, 600 g di patate dolci, 2 cucchiai di prezzemolo tritato, 1 uovo (facoltativo), 1 cucchiaino di cumino dei prati, 1 cucchiaino di foglie di timo e 1 cucchiaino di rosmarino tritato, 3 cucchiai di olio extra vergine d’oliva, 2 cucchiai di semi di sesamo, sale q.b.
Nota
Il cavolo viene meglio se riposa alcune ore, quindi preparatelo per primo.

Lavate il cavolo, affettatelo  sottile e mettetelo in una padella con la cipolla tritata, la mela a dadini, le uvette, l’aceto, le erbe aromatiche e le spezie. Unite l’olio, 1 presa abbondante di sale e mescolate bene.
Aggiungete 1/2 bicchiere scarso di acqua, coprite e cuocete per circa 40 minuti, a fiamma bassa. Lasciate evaporare l’eventuale liquido di cottura. Controllate il sale.
Preparate le crocchette poco prima di andare a tavola. Grattugiate grossolanamente le patate in una ciotola, unite l’uovo, la farina, il cumino, il timo, il prezzemolo, il rosmarino e sale quanto basta. Mescolate bene.
Scaldate delicatamente l’olio in una padella capiente dal fondo pesante, senza che fumi, e fatevi ricadere, a cucchiaiate, il composto di patate.

Cospargete con il sesamo. Livellate con una forchetta formando delle crocchette  piatte. Coprite e lasciate dorare, senza bruciacchiature, da entrambi i lati.

Servite le crocchette ben calde, insieme al cavolo.
Il cavolo rosso ha un buon contenuto di cianidina, flavoniode con azione antiossidante, le patate dolci ne rafforzano le proprietà grazie al loro apporto di caroteni e vitamina C. Sceglietele di provenienza italiana.

Posted in: Cibo e Benessere, Ricette | Tagged: Carla barzanò, cavolorosso, lasagne, lenticchie, patatedolci, ricette, rigeneranti

Le nostre sorelle afghane, così sole e così coraggiose – Afghanistan: cosa significa Resistenza

Posted by donnetra on 11 Dicembre 2017 | Leave a response

Le nostre sorelle afghane, così sole e così coraggiose

Si intitola ‘Sotto un cielo di stoffa – Avvocate a Kabul’ il volume di Cristiana Cella che racconta la condizione delle donne in Afghanistan dopo 40 anni di guerra e 25 di governo fondamentalista

LEGGI ARTICOLO ORIGINALE

L’Afghanistan, dopo 40 anni di guerra e 25 di governo fondamentalista islamico, è senz’altro il peggior paese per nascere donna.
Le donne afgane vivono una vita inimmaginabile per noi.
Private di ogni diritto, sono costrette a subire una violenza quotidiana, nelle loro famiglie, nella società, nelle istituzioni.
Una violenza che continua a peggiorare nella quasi totale impunità. Ma non sono solo vittime, sono donne forti, capaci di combattere e accudire con eguale determinazione, di vincere la paura e lottare per un destino diverso.
Sono tante le donne, politiche, attiviste dei diritti umani, poliziotte, giornaliste, medici e avvocate che, a rischio continuo della propria vita, non smettono di battersi, ogni giorno, per le altre, per i loro diritti, per la giustizia e la democrazia nel loro Paese.
E proprio della resistenza delle donne parla il libro, “Sotto un cielo di stoffa, Avvocate a Kabul” di Cristiana Cella che sarà presentato sabato 25 novembre 2017 alle ore 17.30 presso la Comunità di base di San Paolo, via Ostiense 152b a Roma.

L’autrice ha una lunga esperienza di Afghanistan e racconta storie di abusi e di coraggio, di donne comuni e giovani avvocate che si battono contro le ingiustizie. Segue alla presentazione un reportage fotografico dei due giovani artisti afghani, Morteza Khalegi e Mohammed Khavari.
A conclusione della serata un piatto della cucina afghana, ad offerta libera, che andrà a beneficio di un progetto di sostegno legale alle donne afghane.
Una pubblicazione a cui l’autrice ha lavorato nel corso di alcuni anni fatti di viaggi, incontri e interviste.
Quello che viene fuori è una raccolta di storie e di voci di donne forti che ci portano dentro la loro vita quotidiana, facendoci partecipare alle loro sfide, al loro coraggio, tenace, generoso e leggero. Racconta, in particolare, la guerra quotidiana delle avvocate. Essere avvocata a Kabul, è un lavoro molto difficile e rischioso, lontano da quello che conosciamo nel nostro mondo.
Il filo conduttore della prima parte, a due voci, è il difficile cammino di un’avvocata che lavora al Centro donne dell’associazione Hawca (sostenuto dal progetto COSPE, Vite preziose) e della sua cliente, tra mille ostacoli, per salvare la sua vita. In questa storia se ne inseriscono tante altre, storie di tragedie e di riscatti, di dolore e di libertà.
La seconda parte del libro racconta l’Afghanistan di oggi, la vita dei suoi abitanti, sempre più fragile e minacciata, la situazione politica disastrosa, la guerra in corso, attraverso interviste, documenti e incontri. Il libro è arricchito da una parte fotografica che documenta il paese, dal 1980 ai giorni nostri, con immagini di Carla Dazzi, Cristiana Cella e Hanna Hardmeier.
Questo un frammento di questo libro intenso e coraggioso pubblicato dalla Città del Sole, una piccola casa editrice calabrese: “Il sole non è ancora sorto a Kabul e Shirin si prepara ad affrontare un altro giorno di battaglie, come ogni altra donna in Afghanistan, ma per lei è diverso.
Ha scelto di lottare, non solo per se stessa, ma soprattutto per le altre, per proteggere con ogni mezzo i loro diritti e le loro vite. È una mattina come tante per Shirin, avvocata presso il Centro Legale di Hawca, e tra poco la sua vita incrocerà quella di una delle tante donne costrette a combattere la propria battaglia segreta, Roshan. Anche per Roshan comincia un altro giorno, di resistenza, nella sua casa, contro quel marito carceriere.
Forse, però, questa è una giornata speciale, unica. Un rumore attira la sua attenzione, il vento fa sbattere la finestra della cucina che qualcuno ha dimenticato di chiudere; una finestra che può cambiare tutto, un piccolo spiraglio di speranza”….

Afghanistan: cosa significa Resistenza

Stefano Galieni

LEGGI ARTICOLO ORIGINALE

Cristiana Cella è una giornalista che segue le vicende dell’Afghanistan dal 1980. Dal 2009 è esponente del CISDA (Coordinamento Italiano di Solidarietà con le Donne Afghane) e si è spesso avventurata in quel grande e straordinario paese. In un libro intenso, doloroso ma carico di vita “Sotto un cielo di stoffa”, pubblicato a maggio del 2017 da La Città del Sole (pp.296, 13 Euro) e corredato dalle foto della collega Carla Dazzi, ha fatto arrivare anche in Italia un vero e proprio messaggio di lotta partigiana. Storie delle avvocate di HAWCA ( Humanitarian Assistance for Women and Children of Afghanistan), delle donne assistite, di chi si ribella al patriarcato fondamentalista, di chi subisce, di chi è complice e carnefice e di chi cerca di costruire un futuro diverso.
Storie cariche di buio ma in cui si intravvede perennemente la luce, una luce più forte e più potente di ogni brutalità. Proviamo intanto a riportarne una, quella che apre questo prezioso volume:

Kabul – Quartiere di Shirpoor, ore 6,30

ROSHAN

Ecco, la porta si chiude con un colpo cattivo. Le voci nel cortile. Mursal chiama «mamma». No, mamma non viene al matrimonio, mamma non viaggia, non ha diritto alla festa. Punizione. Mamma non è una brava moglie da mostrare in famiglia. O forse è la mia faccia che non è bella da portare in giro. La cicatrice sulla guancia, quella crosta sul labbro che non vuole guarire… quei braccialetti neri sui polsi, le sue maledette corde, no, non sono gioielli di famiglia.

Se ne sono andati. Tutti. Anche i suoi uomini, grazie a Dio. Hanno sprangato la casa. Il silenzio, nuovo, si posa nella stanza. Intonso. Sol- tanto mio. La solitudine, il riposo. Punizione? No, forse no. Devo pulire tutto e preparare la cena, ma l’ostilità della casa perde forza, sembra che ci sia più spazio. Posso respirare fino a stasera, quando tutto ricomincerà.

Ecco, posso sedermi sul tushak, vicino alla finestra, il posto di mio marito, perla prima volta. Si sta bene. Chiudere gli occhi e fingere che non ci sia più niente. Uscire da questa vita, come da un vestito. Mi sento leggera, il mio triste corpo non pesa più. Là fuori, c’è gente che deve sentirsi così. Se non ci fossero le bambine con loro, potrei pregare. Pregare, che saltino tutti su una mina, bella grossa. Un botto e basta. Tutto finito. Ma ci sono le bambine in quella macchina. Sono tutto quello che ho. Tutto quello che sa di amore. Altro non c’è.

Cos’è, adesso? Ho perso il silenzio. Un rumore ritmico, regolare, insistente. Ah, sì, la finestra della cucina sbatte. Se la sono dimenticata. Carcerieri distratti. È aperta, bassa, si può scavalcare. Inaspettata. Un pensiero prepotente, che non posso allontanare, mi spinge. Mi alzo. Eccola. Quella finestra può cambiare tutto. La mia vita, dove non vive niente. Continua a sbattere, mi chiama.
È una giornata speciale, l’unica forse. La paura fa male allo stomaco ma passerà, deve passare. E se non passa? Forse è meglio aspettare… magari un’altra volta. No, non ce ne saranno altre di volte.
Questa giornata è un dono di Allah. Devo esserne degna. Il burka è lì, appeso al chiodo. I vicini sono al lavoro.
So, dove devo andare. Il biglietto che mi ha dato Habeba l’ho bruciato, l’indirizzo lo so a memoria. Conosco il posto. Ce la devo fare. Per me e per le piccole. Ecco, la finestra si spalanca, il vento entra ed esce… entra ed esce.

….Le storie di Shirin, l’avvocata che è al centro di queste vicende e di Soraya, giovane tirocinante che con lei lavora rischiando ogni giorno la vita, di Faramarz, loro autista e guardia del corpo, si snodano in continui incontri con donne che non possono essere definite “clienti” ma diventano rapidamente sorelle, con una schiera di uomini crudeli, meschini e corrotti, ma anche con un universo maschile che si schiera con coraggio contro il potere jahedista e talebano.
I nemici sono ovunque: lo sono i signori della guerra e dell’oppio come tanti uomini protetti dalla divisa e da un governo emanazione dell’occupazione occidentale, lo sono le milizie in cui è frammentato il paese, perennemente al servizio di qualcuno, lo sono gli ordigni disseminati lungo le strade, gli attentatori suicidi come i bombardieri occidentali che dall’alto decidono chi deve decidere e chi deve morire. Ma resta, leggendo queste pagine, la sensazione che il finale non sia scontato e che quella a cui ci si appiglia non è solo una velleitaria speranza.
Crescono consapevolezza e coscienza di se, crescono generazioni che – anche grazie alla lotta contro l’analfabetismo, imposto soprattutto alle donne – acquisiscono il desiderio di cambiare il proprio paese e di vederlo crescere in pace. Resta il sapore quasi sotterraneo di chi riesce a ridere, a gioire, a innamorarsi, a rialzare la schiena spezzata da ingiurie e sofferenze e a riprendere in mano la propria vita.
La forza è soprattutto femminile ma fanno riflettere gli uomini che non abdicano al proprio ruolo di giudici, di mullah, di agenti di polizia e decidono di provare ad applicare, nonostante i padroni, una giustizia che va ben oltre le convenzioni e le tradizioni artefatte. Donne e uomini che irrompono, spesso silenziosamente, ma in maniera contagiosa con la propria voglia di libertà e di pace, per cui parole come rispetto, amore, eguaglianza, hanno un valore realmente rivoluzionario.
Vanno fatte leggere queste storie ai tanti europei che, chiusi col proprio bagaglio culturale di colonialismo innato, non riescono neanche ad immaginare tanta forza e tanta capacità di ribaltare le condizioni date.
Dai tempi dell’invasione sovietica, delle guerre infinite contro gli occupanti e contro i nascenti gruppi fondamentalisti finanziati dagli USA per scellerati giochi geopolitici, sono sopravvissute generazioni di uomini e donne consapevoli che hanno altre volontà e altre esigenze rispetto ai desiderata occidentali.
In molte e molti sono costretti a fuggire, per non dover combattere, per non dover pagare con la vita le scelte politiche proprie o fatte da un parente, per non dover sopravvivere in miseria, per il diritto all’acqua, alla salute, ad una nutrizione decente. A coloro che sono fuggiti ( dopo quella siriana si tratta della seconda emergenza umanitaria per il numero di persone coinvolte) l’Europa per alcuni anni ha garantito asilo.
Ora il clima è cambiato e, nonostante si continui a morire in continuazione per attentati, combattimenti e violenze di ogni tipo, l’Afghanistan è considerato per molti paesi europei un “paese sicuro” al punto da poter rimpatriare coloro che in Europa hanno chiesto asilo e protezione.
Con la situazione kafkiana per cui da una parte aumentano i contingenti militari, le risorse utilizzate per le “missioni di pace” (bombardamenti ed armi) che si inviano in un paese in gran parte controllato dalle milizie islamiste di vario tipo e contemporaneamente si rimanda indietro coloro che da questa strage continua vogliono tentare di fuggire.
Si danno risorse ad un governo fantoccio, corrotto e in combutta con i trafficanti d’oppio e non si prova neanche a pensare che se c’è un futuro per l’Afghanistan questo è rappresentato unicamente dalle tante piccole forze che cercano di salvare le persone, di far vincere il diritto, di praticare invece che dichiarare al vento, forme di democrazia reale.
Questo libro racconta storie reali ma è anche, a suo modo un libro di Storia, quella storia nascosta e negata di chi per ora non ha vinto ma è narrato solo e soltanto ad uso e consumo delle potenze dominanti. C’è da augurarsi che venga presto il giorno – e dipende anche da noi, dalle decisioni che prendiamo con i nostri governanti – in cui si potrà raccontare un’altra verità in cui arriverà un 25 aprile da festeggiare e in cui si possa vivere senza dover avere costantemente paura per il solo fatto che non si accetta il ruolo di persone subalterne. In quel giorno, Cristiana, le compagne del CISDA e chi le appoggia, i tanti e le tante ( ma debbono aumentare) che sostengono il loro lavoro, potranno parlare a testa alta e non dovranno vergognarsi, col proprio voto o col proprio silenzio, di aver contribuito per anni alla banalità del male.

Posted in: Storie di vita | Tagged: coraggio, Cristiana Cella, donne, donne afghane, resistenza, valore

IL ROSA STA BENE SU TUTTO, MA NON SULL’ECONOMIA di Francesca Vitelli

Posted by donnetra on 4 Dicembre 2017 | Leave a response

Il lavoro femminile ha bisogno di nuove strade.
Un gruppo di imprenditrici traccia  un percorso innovativo che valorizza le relazioni, la comunicazione  e  la molteplicità di ruoli di cui soprattutto le donne sono capaci.

Alcuni luoghi comuni sul lavoro femminile

Adoro il rosa, da quello shocking al malva, ma leggere e sentire parlare di imprese “rosa” ed economia “in rosa” mi scatena l’orticaria. Esiste forse un’economia “azzurra”? Se non vogliamo considerare quella dei puffi direi di no.
L’economia non ha colore perché non ha genere. Non esiste un’economia maschile e una femminile, esiste l’economia.
Quello che differisce in una visione imprenditoriale femminile da quella maschile è l’approccio al lavoro.

In venticinque anni di esperienza professionale come consulente di enti pubblici, enti di formazione e ricerca, associazioni di categoria e imprese mi sono dedicata a una lettura dell’economia e del mercato del lavoro che tenesse conto di queste diversità superando gli stereotipi.

Delle donne che dirigono imprese si sente spesso dire che hanno una gestione delle risorse umane improntata a uno stile materno, che nelle scelte finanziarie sono conservatrici e che la loro priorità è conciliare la famiglia con il lavoro.
Raramente si sente dire che la gestione delle risorse umane orientata a evitare il conflitto è dettata dalla consapevolezza che un clima di lavoro disteso significa maggior produttività, che le strategie aziendali perseguite tendono all’innovazione, più che alla conservazione e che la priorità è dare il giusto valore alla risorsa più preziosa per gli esseri umani – tutti senza distinzione di genere – il tempo.

L’influenza della crisi economica

Questi ed altri stereotipi si sono acuiti con il deflagrare della crisi economica, che già nel 2008 mi appariva epocale.
La dimensione epocale la intravedevo nel mutamento che portava con sé nella ridefinizione dell’identità personale rispetto a quella professionale.
Il modello economico occidentale, imperniato sull’uomo breadwinner- l’uomo che produce reddito per il sostentamento familiare- ci ha indotti a identificare le persone, e il loro valore, con il lavoro svolto e la discendente capacità di spesa.

Le donne hanno ricercato occupazioni che consentissero di coesistere con i carichi di cura familiare, segmenti nel mercato del lavoro il cui reddito si configura come aggiuntivo, integrativo, rispetto a quello del capo famiglia.
Il capo famiglia è colui che lavora e la donna è la moglie, la madre, la figlia, la sorella, la nuora e poi anche una donna che lavora.
L’identità maschile, strutturata su quella professionale, al venir meno del lavoro è collassata, mentre quella femminile, strutturata sulla molteplicità di ruoli, ha retto all’urto spingendo le donne a reagire in una situazione critica.

In altri momenti storici le donne hanno supplito all’assenza maschile nei ruoli produttivi, è accaduto nel periodo bellico e in quello immediatamente successivo dell’inurbamento con l’esodo dalle campagne alle città.
Ma questa volta è diverso. È diverso perché non accadrà quanto avvenuto in passato, questa volta, superato il ciclone, le donne non si ritrarranno, come la risacca, negli spazi occupati prima nel mercato del lavoro.

Di lava e d’acciaio. Storie di imprenditrici vulcaniche

È stata questa lettura dell’evolversi della crisi che mi ha convinta a cercare storie di imprenditrici da raccontare.
Non i numeri dell’azienda come il fatturato o gli utili ma i sogni, le paure, le sconfitte, i successi.
Un tributo alle tante donne che stanno reggendo l’economia. Alcune famose, altre schive e sconosciute.
Più di 80 storie per un affresco corale di ragazze dai venti ai novant’anni.
Ragazze che guidano imprese in tutti i settori economici, di tutte le dimensioni, in città e nelle aree ASI, di prima, seconda, terza e quarta generazione, nella fascia costiera e nell’entroterra.
Un comune denominatore: la passione e il coraggio.
Perché l’ho fatto? Perché la mia prozia mi ha trasferito l’amore per le storie e perché sentivo crescere dentro l’urgenza di uno scatto di dignità per un sistema economico che, troppo spesso, viene presentato come ambiguo: quello napoletano e casertano.

 “Di lava e d’acciaio. Storie di imprenditrici vulcaniche” è il titolo scelto per le mie storie. Le storie, però, non sono solo di chi le scrive e così un gruppo di imprenditrici intervistate mi chiese di organizzare e rafforzare la rete di relazioni creata nei due anni impiegati per cercarle, incontrarle, ascoltarle e raccontarle.

Una associazione nata dalle storie

Dalla pagina scritta le storie, le nostre storie, quelle di un gruppo di donne che si sono conosciute e ri-conosciute, è nata tre anni fa EnterprisinGirls www.enterprisingirls.it. Un’associazione nazionale di imprenditrici, libere professioniste e donne impegnate nel terzo settore.
Lo scopo: individuare il talento e valorizzarlo attraverso un network. Le donne tendono a trascurare un aspetto fondamentale del mondo del lavoro, che invece gli uomini hanno più spazi per coltivare investendo tempo e risorse: il patrimonio delle relazioni.
Le relazioni sono opportunità.
Bisogna imparare che il tempo dedicato alle relazioni non è tempo sottratto alla cura familiare per cui sentirsi in colpa.
Bisogna, piuttosto, domandarsi a cosa si rinuncia non creando una rete relazionale.
Le donne possono fare squadra? Sì, se scelgono di condividere e non competere.
Ma poiché lavorare in squadra non appartiene alla nostra cultura ma a quella anglosassone è necessario imparare a farlo: EnterprisinGirls organizza seminari di coaching, team building, interventi di formazione, dalle strategie aziendali al piano di comunicazione, integrata passando per il public speaking e la progettazione a valere sui fondi diretti della Comunità Europea. Co- branding, co-marketing, campagne di comunicazione, visite in azienda e incontri per crescere insieme.

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Integratori? Attenzione alla qualità! – Intervista alla Dottoressa Barbara Aghina

Posted by donnetra on 18 Novembre 2017 | Leave a response


Integratori? Attenzione alla qualità!
Intervista alla Dottoressa Barbara Aghina

In un recente studio dell’American Association for Study of LiverDeseases è emerso che il oltre il 20% dei  danni al fegato è legato all’abuso di integratori alimentari di scarsa qualità.
Ecco gli accorgimenti per scegliere.

Il mercato degli  integratori alimentari è in continua crescita e le offerte si moltiplicano.

Occorre tenere presente, che anche i prodotti cosiddetti “naturali” richiedono particolare attenzione.

Le piante possiedono principi attivi che possono avere talvolta effetti collaterali, e vanno quindi dosate con competenza.

Senza contare la possibilità della presenza di inquinanti ambientali, che potrebbero essere presenti anche negli integratori a base di materie prime naturalissime, per esempio gli estratti di frutta e verdura, ma in concentrazioni maggiori di quelle rilevabili nei corrispettivi prodotti al naturale.

Negli Stati uniti le procedure di controllo che riguardano gli integratori sono meno severe rispetto a quelle previste per i farmaci.

In Europa, e in particolare in Italia, il settore è molto più controllato, la legislazione a proposito è severa.

Resta tuttavia fondamentale trovare criteri validi per imparare a scegliere integratori di alta qualità e ad usarli correttamente.

Ne parliamo con la dottoressa Barbara Aghina, biologa specializzata in biologia molecolare responsabile scientifica della nutraceutica Guna.

1- Gli integratori sono sicuri?

La sicurezza è garantita dalla filiera di qualità, disciplinata dalla legge, quindi soggetta a rigidi controlli che regolano anche le quantità da somministrare.
È quindi molto importante rispettare i dosaggi di assunzione indicati sulle confezioni.
In caso di incertezza meglio rivolgersi al medico curante, o al farmacista, senza mai ricorrere al “fai da te”aumentando o diminuendo le dosi senza il consiglio di un professionista.

2- Quali sono i criteri di scelta delle materie prime degli integratori di qualità?

Ogni singolo componente di un prodotto viene esaminato secondo parametri prestabiliti dalla normativa vigente, che identificano la quantità di principi attivi presenti e la loro qualità.
È possibile, così, verificare e certificare l’assenza totale di contaminanti chimici, biologici e di eventuali allergeni. Inoltre, tutte le fasi del processo produttivo, dalla scelta degli ingredienti fino al confezionamento, sono scrupolosamente controllati e certificati, passo dopo passo.

3- Gli ingredienti naturali sono più sicuri di quelli di sintesi?

Non è detto. La base di una formulazione di qualità è il controllo il più preciso possibile dei principi attivi e della loro concentrazione. L’efficacia degli integratori è, infatti, fondata sul dosaggio di assunzione e sulle sinergie dei componenti, e non sempre è possibile quantificare con esattezza i principi attivi naturali effettivamente contenuti.
Viceversa, quelli di sintesi possono essere misurati con più facilità, e riproducono con precisione il componente nutritivo  più adatto al nostro organismo .
D’altra parte, gli estratti di origine naturale contengono spesso un insieme di sostanze, i cosiddetti fitocomplessi, che agiscono in sinergia con il composto primario utilizzato, rafforzandone l’efficacia.

Di conseguenza, spesso gli integratori di qualità prevedono l’abbinamento di ingredienti naturali, come gli estratti vegetali delle piante officinali, e di sintesi, per esempio la vitamina C.
Proprio nel caso della vitamina C, talvolta, quella di sintesi viene associata con vitamina ricavata da ingredienti naturali, assicurando così la massima sinergia, premessa per una elevata efficacia.

4- Gli integratori si possono utilizzare insieme a  cure omeopatiche?

Sono formulati con criteri diversi rispetto ai prodotti omeopatici e in linea di massima non esistono problemi di interazione. Anzi, in alcuni casi è opportuno associarli.

5- Che accorgimenti suggerisce per selezionare integratori alimentari di qualità?

Per prima cosa le confezioni devono avere diciture chiare e complete, che prevedono indicazioni d’uso, tabella nutrizionale, con calorie e principi nutritivi presenti per porzione di consumo e per 100 g di prodotto, eventuali dichiarazioni sulla presenza o l’assenza di allergeni.
Importante, inoltre, è verificare la presenza di un foglietto illustrativo che spiega con chiarezza i componenti.

Un aspetto da valutare è poi la serietà e la professionalità dell’azienda produttrice.
In linea di massima, i prodotti realizzati dalle industrie farmaceutiche di provata e pluriennale esperienza e venduti in farmacia e in parafarmacia sono sottoposti a studi di fattibilità e a controlli più severi.

Un ultimo fattore da prendere in considerazione è la comunicazione delle qualità del prodotto.
La legge vieta di decantare proprietà non dimostrate, o di far riferimento a un’efficacia terapeutica, come è invece consentito per i farmaci.
Gli integratori non sono medicamenti e non possono in alcun caso sostituirli, ma eventualmente accompagnarli, così come non vanno considerati un’alternativa a una dieta equilibrata.
Vanno quindi considerati un supporto  per completare l’assunzione di  principi nutritivi  in caso di carenza, o di aumentato fabbisogno.
Le indicazioni relative alle loro proprietà possono dunque riferirsi solo alla loro capacità di attenuare alcune condizioni di squilibrio, come la carenza di ferro, nel caso di integratori che contengono questo minerale, o le alterazioni della flora batterica intestinale, quando si parla di probiotici.

Per confermare l’efficacia e la sicurezza di queste proprietà integrative, Guna, come altre ditte farmaceutiche serie, ha sviluppato un importante settore di ricerca clinica.
Si eseguono, così, costantemente, studi guidati da medici con metodo scientifico, per valutare gli effetti dell’ assunzione dei diversi prodotti .

6- Perché alcuni integratori hanno prezzi molto più bassi di altri,  apparentemente simili?

In realtà, l’accurata selezione delle materie prime e i controlli meticolosi della filiera di produzione hanno costi elevati.
Talvolta, poi, gli integratori prevedono l’associazione di numerosi ingredienti diversi, per assicurare la loro efficacia e adeguarli alle complesse esigenze metaboliche e biologiche dell’organismo.
Questo, insieme alla ricerca scientifica, comporta un ulteriore innalzamento degli investimenti necessari per produrli.

Certo un prezzo più elevato non è di per sé garanzia di qualità, ma di fronte a integratori molto economici è sempre preferibile esaminare con particolare attenzione tutti i dettagli che li riguardano.

Dottoressa barbara Aghina
specializzata in biologia mlecolare

Posted in: casino 2 | Tagged: Barbara Aghina, Guna, Integratori, qualità
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