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donne

COLTIVARE LA CAPACITÀ DI CURA

Posted by carlab on 13 Gennaio 2022 | Leave a response

Di Valeria Cantoni

Iniziamo il nuovo anno con un tema che ci sta particolarmente a cuore: la capacità di cura. Una dote insita nella natura femminile penalizzata da un modello sociale che premia la competizione e la forza.
Accogliamo quindi con riconoscenza il Contributo dell’amica Valeria Cantoni, filosofa e scrittrice, che ha da poco pubblicato il libro “Leadership di cura”, fornendoci una chiave di lettura che può interessare ciascuna di noi.

Il periodo che stiamo attraversando ci rende bisognosi di cura

Siamo in una crisi economica ma soprattutto in una crisi di cura. E siamo vulnerabili, tutti, senza eccezione, poveri e ricchi, potenti e non.
Che il mondo fosse vulnerabile era evidente anche prima ma che lo fossimo tutti noi esseri umani non era così presente nella vita quotidiana delle persone delle società occidentali economicamente avanzate. Prima che arrivasse il Covid.
Così la cura in una manciata di mesi si è trasformata da Cenerentola delle attitudini sociali a regina richiesta, ambita e pretesa. Ma è una novità dell’ultima ora. Fino a oggi la cura non interessava quasi a nessuno.
Notoriamente badanti, insegnanti, casalinghe, colf, infermiere, perlopiù donne, sono tra le professioni meno pagate e meno riconosciute sul piano sociale.

sunset

La cura è una prerogativa femminile?

Forse perché la cura è sempre stata prerogativa delle donne? E le donne sono state etichettate come “sesso debole” dalla società civilizzata sviluppata culturalmente sul mito della forza, sull’autonomia dell’individuo e sulla competizione come condizione necessaria per il progresso e il successo. Storicamente ha prevalso la logica della guerra, del timore verso l’autorità, della colpa del corpo, logica che ha governato in una società economicamente, culturalmente ed emotivamente dominata dal patriarcato. I sentimenti come tristezza, melanconia, rabbia, delusione, imbarazzo, senso di impotenza, fragilità sono stati colpevolizzati e ridicolizzati fino a rivoltarsi contro chi abbiamo imparato a considerare più debole o inferiore.
Cosi la cura, pratica e capacità attribuita alle donne dalla società degli uomini, è finita negli ultimi posti delle capacità utili alla società del progresso, al lavoro e al successo individuale. Il senso del limite è stato spazzato via dalla cultura del “no limits” dell’”uomo che non deve chiedere mai”, dal mito del workhaolic e dall’idea che per fare carriera bisogna avere “le palle”.
Così si è fatto strada, non solo sui campi di battaglia, ma anche sui luoghi di lavoro, lo stile autoritario, aggressivo, competitivo, dominante, facendo identificare gli uomini, fin da bambini, con questi modelli e stereotipi che di fatto sostengono la mancanza di empatia come qualità utile per chi mira a fare carriera.
Tutto questo ha veramente svalutato la realtà dei fatti: che siamo intradipendenti, che dipendiamo l’uno dall’altro e dalla natura in un unico sistema connesso e che nessuno può avere l’arroganza di pensare di non avere bisogno della cura altrui.
Con la pandemia è accaduto qualcosa di straordinario: i leader hanno iniziato a realizzare di essere vulnerabili e i manager a comprendere che la gentilezza e la cura sono importanti tanto quanto la fiducia e la motivazione.

donna con fiore

Costruire una nuova cultura della cura

Da qui urge costruire tutti insieme una nuova cultura di cura, necessaria a riparare le ferite di una comunità scossa e frammentata come la nostra.
Nelle organizzazioni, in questi due anni, le persone più empatiche e che si sono prese cura dei colleghi e delle colleghe, hanno fatto la differenza, sono stati i nuovi eroi. I loro superpoteri sono la dolcezza, l’ascolto, la pazienza, il rispetto dei tempi altrui.
Queste persone hanno saputo tenere insieme i gruppi sfilacciati dal lavoro remoto forzato, perché hanno speso tempo ad ascoltare le storie altrui con tutto il portato emotivo che le accompagnava.
Una parola gentile, una mail inviata pensando prima all’orario in cui la si manda, l’attenzione alle parole, uno zoom che inizia con “come stai?”, tutto questo può divenire cultura e abitudine appresa o ricadere nuovamente nei comportamenti adottati solo in emergenza. Ma è cura anche la capacità di fidarsi e affidarsi agli altri responsabilizzandoli. Sta a ognuno di noi prendersi la responsabilità delle proprie azioni, gesti e parole, sapendo che quello che facciamo o non facciamo, che diciamo o non diciamo, ha un impatto sugli altri, sulle loro energia e sulle loro emozioni e motivazioni. Questa attenzione e consapevolezza non hanno sesso, non sono capacità da attribuire al generare, ma sono qualità umane che ogni leader dovrebbe imparare a fare proprie per traghettare un paese, una città, una comunità o anche solo un piccolo gruppo in un domani sostenibile per tutti.

VALERIA CANTONI MAMIANI
IL LIBRO
VALERIA CANTONI MAMIANI

VALERIA CANTONI MAMIANI

è consulente filosofa, formatrice manageriale e autrice. Ha dato vita a Leading by Heart, progetto formativo che accompagna i manager a sviluppare uno stile di leadership inclusiva ed empatica. È presidente di ArtsFor, società di consulenza culturale e di sviluppo organizzato. È docente del corso Arte e Impresa all’Università Cattolica di Milano. Dal 2016 è membro del comitato artistico di Triennale Milano Teatro.
Nel 2021 ha pubblicato il libro Lingua, estetica della soglia (Fefé editore) e il saggio “Learning by heart: al di là del principio di volontà” nel volume Volontà. Esempi per fare, non fare, resistere e ottenere (ed. Fabbrica dei segni). Leadership di cura è il suo ultimo libro.

IL LIBRO
  • Titolo: “Leadership di cura” dal controllo alle relazioni
  • Autrice: Valeria Cantoni Mamiani
  • Casa Editrice: Vita e Pensiero
  • Prezzo: € 18,00
Leadership di cura
Posted in: Libri | Tagged: curare, donne, Leadership di cura, Pierluigi Celli, Valeria Cantoni, Vita e Pensiero

LE MIE GATTOPARDE

Posted by carlab on 30 Agosto 2021 | Leave a response
capo d'Orlando

Un viaggio in Sicilia a Capo d’Orlando, la scoperta di una Villa, villa Piccolo, e dell’omonima fondazione hanno persuaso Stefania Aphel Barzini ad affrontare la stesura di: “Le Gattoparde”, il tramonto di un’epoca in un a grande saga siciliana.

La scoperta di Villa Piccolo

Nel corso di un viaggio in Sicilia sono casualmente capitata a Villa Piccolo, la straordinaria casa-museo dell’aristocratica famiglia Piccolo, arroccata in cima alle colline di Capo d’Orlando, immersa in uno splendido parco di oltre venti ettari. Oggi è sede della Fondazione Piccolo ed è il luogo dove la baronessa Teresa Mastrogiovanni Tasca Filangeri di Cutò si ritirò con i suoi tre figli che lì vissero fino alla morte, quando il marito Giuseppe Piccolo di Calanovella fuggì a Sanremo con una ballerina.

villa piccolo

Una famiglia molto particolare

Teresa fu una donna toccata dalle tragedie, non solo l’abbandono da parte del marito a cui lei rispose con coraggio e dignità inusuali per la maggior parte delle donne di quel periodo, ritirandosi a vivere in solitudine a Capo d’Orlando con i suoi tre figli, ma anche dalla morte violenta di tre delle sue sorelle.
Quando Donna Teresa si ritirò a Villa Piccolo insieme ai suoi figli, nacque un irripetibile cenacolo di cultura, d’avanguardia e di bizzarria: Agata, la sola femmina, abile cuoca e appassionata botanica, dedicò tutta la sua esistenza al giardino senza uscirne se non raramente, (lei stessa affermava di non aver mai attraversato lo stretto, di essere stata solo a Messina e a Palermo, i fratelli quando andavano in città se la portavano appresso, insieme ad un corredo di pentole, perché i due non mangiavano mai al ristorante e amavano solo la sua cucina), Lucio, il poeta, scoperto da Montale e Casimiro, l’eccentrico esoterico, pittore e fotografo, che dormiva di giorno e viveva di notte, andandosene in giro per il bosco e nel giardino, dove sosteneva di vedere fate e elfi che ha poi ritratto nei suoi meravigliosi acquarelli. La famiglia Piccolo cominciò così a creare il suo universo da piani diversi: uno era quello di tenere viva la storia della famiglia circondandosi di oggetti simbolo di quel passato, residui di quella storia, che componevano una sorta di museo, museo tuttora presente. L’altro la creazione di uno splendido parco di piante rare, una sorta di orto botanico, e infine la passione per la cucina portata avanti dalla Baronessa madre e dalla figlia Agata.

villa piccolo

Gattopardi e Gattoparde

La storia dei Gattopardi, gli aristocratici siciliani, è stata spesso raccontata, anche se nella maggior parte dei casi il loro merito sia stato piuttosto quello di sperperare immensi patrimoni assistendo passivamente al loro cupio dissolvi. Molto meno si sa invece delle Gattoparde, che pure hanno cercato con tutte le loro forze di arginare il disastro. E a Villa Piccolo ho scoperto presenze e fantasmi inquietanti che mi hanno spinta a dare loro voce, a riportarli in vita. Partendo da donna Teresa, presenza evanescente che anche dopo la morte continuava a essere presente tanto che la tavola era regolarmente apparecchiata (e lo è tutt’ora) e i tanti cani morti, che a detta di Casimiro, apparivano e sparivano con frequenza inquietante. Volevo raccontare anche le tante figure che si sono intrecciate alla vita di questa eccentrica famiglia, le tre sfortunate sorelle Filangeri Tasca di Cutò, il fratello Alessandro, unico erede maschio, soprannominato “Il Pricipe Rosso” per via delle sue simpatie socialiste che ha dissolto il patrimonio di famiglia nelle sue avventure, la madre Giovannina, morta giovane che influenzò in maniera determinante le esistenze dei suoi figli, e poi Beatrice, la sola sorella, con Teresa sopravvissuta alle tragedie famigliari, madre di Giuseppe Tomasi di Lampedusa a cui era legata da un affetto geloso ed esclusivo, passando per Franca Florio, la regina dei salotti palermitani e dalla regina Elena, amiche del cuore di Giulia, la sorella finita tragicamente e che della regina fu la dama preferita. La storia si stende come un film avvincente tra tragedie, lusso sfrenato, palazzi principeschi e personaggi eccentrici creando un affresco indimenticabile di un’epoca ormai scomparsa. Raccontare questa storia ha voluto dire per me ridare voce a donne che per tutta la vita hanno cercato di esprimersi senza che mai fosse a loro permesso, è stato un po’ come ridare vita e visibilità a fantasmi. E sono sicura che di questo le mie Gattoparde ne siano felici.

le gattoparde
Biografia dell'autrice
Biografia dell'autrice

Stefania Aphel Barzini

 

 

Stefania Aphel Barzini ama soprattutto scrivere, mangiare e cucinare. Queste importanti attività l’hanno portata a tenere Corsi di Cucina Regionale Italiana a Los Angeles dove ha vissuto per sei anni, a collaborare con il Gambero Rosso, sia per il canale televisivo, di cui è stata uno degli autori, che per la rivista. Insegna Scrittura Creativa applicata al cibo in vari master di giornalismo enogastronomico e ha all’attivo numerosi libri tra saggistica, culinaria e fiction. Vive e lavora tra Roma, Alicudi e Vetralla con marito, figli, nipoti, cani e gatti.

Posted in: Libri | Tagged: capo d'Orlando, cucina, donne, epopea, eventi, gattopardi, le gattoparde, mare, nobiltà, racconti, romanzo, saga, scrivere, sicilia

IL POTERE CREATIVO DELLA DONNA

Posted by carlab on 15 Febbraio 2021 | Leave a response

L’arte di costruire

enterprisin girls

Essere costruttive è una dote che richiede molta creatività. Permette di ricavare il meglio da ciò che si ha a disposizione. Anche nei momenti meno facili. Una vera e propria arte che le donne conoscono e praticano, in famiglia e sul lavoro. Il gruppo di amiche che fa riferimento all’associazione EnterprisinGirls, ha costruito una rete di relazioni e sinergie per valorizzare questa capacità creando la campagna “Costruttrici”, che accoglie anche gli uomini, perché insieme si lavora meglio.
Lo racconta Francesca Vitelli, presidente dell’associazione.

Di Francesca Vitelli

Costruire insieme

Costruttrici, costruttori, chi sono? Spesso nominati – soprattutto i costruttori – ma mai definiti, spiegati, individuati. Chi sono e cosa fanno le persone che costruiscono e – ricostruiscono l’economia tutti i giorni? Nell’associazione EnterprisinGirls conosciamo diverse di queste persone, sono quelle che lavorano in rete con noi: imprenditrici/tori, libere professioniste/i e donne e uomini del Terzo settore. Abbiamo pensato di lanciare una campagna di comunicazione per presentarli dal nostro sito web e dai social, persone poco visibili che investono tempo, esperienza, competenza, energie e risorse per far vivere, crescere e preservare un patrimonio collettivo: il loro know how. Se perderemo anche solo una/o di loro avremo perso tutte/i. Se una/uno di loro fosse travolto e lasciato indietro quel che si rischia è più dei posti di lavoro: è l’identità personale e sociale, è la dignità, è il bagaglio di conoscenze e competenze per lo sviluppo, è la storia che unisce con un filo sottile un passato iniziato oltre duemila anni fa che si proietta verso il futuro. Tutto quel che vediamo intorno a noi ci insegna a improntare – ogni singola azione – alla ricerca della bellezza, al perseguimento della creatività, al perdurare dell’attenzione per lo stile. È la nostra cifra stilistica, è il modo in cui pensiamo con la stessa naturale inconsapevolezza con cui respiriamo, è la creatività che genera il Made in Italy.

marisa enterprisin girls

Coltivare la bellezza

Nel nostro lavoro, nella quotidianità, la bellezza non è orpello, non è inutile accessorio: è l’essenza di quel che siamo. L’economia siamo tutte/i noi attraverso le scelte di acquisto che premiano le persone. L’economia ri-parte grazie alle persone: chi crea, ricerca, studia, investe, resiste, propone e coloro che scelgono di acquistare prodotti e servizi. Con le costruttrici e i costruttori vive e si rinnova il Made in Italy, la creatività, il design, il turismo, l’agricoltura, la comunicazione, la moda, i servizi alle imprese, le libere professioni, l’arte, la ricerca.

Creatività che genera bellezza

Succede con il lavoro di Donatella Gallone giornalista professionista della carta stampata e scrittrice che, oltre un decennio fa, intuisce le potenzialità del web e decide di creare un’impresa: una casa editrice e un portale culturale per promuovere il talento e la cultura napoletana. “Il Mondo di Suk”, sito web seguitissimo, racconta 365 giorni l’anno cosa accade a Napoli: mostre, libri, concerti, lirica, teatro, danza, fotografia ma anche convegni, dibattiti, incontri e ogni umano assembramento ove regni l’elaborazione del pensiero. Arte, spettacolo e cultura da vivere. Quel che distingue il lavoro di Donatella dai tanti siti che si occupano degli stessi temi è l’approccio democratico: tutti, ma proprio tutti, i talenti vengono raccontati e presentati. Piccoli, piccolissimi e ancora sconosciuti trovano posto accanto ai noti e famosi. Se c’è talento c’è il Mondo di Suk a raccontarlo.

isabella di enterprisin girls

Elasticità e resilienza favoriscono la creatività

La creatività permette anche di reinventarsi a 40 anni in un Paese come il nostro nel quale il mercato del lavoro è talmente rigido da non permettere un cambio di professione, una rigidità che impone la staticità, soprattutto alle donne. Si nasce in un settore e in quello si deve rimanere. Le coraggiose, però, ci sono sempre: Camilla Castaldo architetta a 37 anni si iscrive di nuovo all’università e tre anni dopo consegue la seconda laurea e rileva lo studio di famiglia di consulenza del lavoro. Facile? Non proprio. Possibile? Sì con impegno, tenacia e studio.
Ci sono, poi, settori dove scegli di rimanere anche quando la tempesta ti vorrebbe trascinare lontano, è il caso della ristorazione nel periodo della pandemia e di Isabella Preziuso che, sulla montagna di uno dei Borghi più belli d’Italia in provincia di Avellino, resiste per darsi e dare un futuro alla sua creatura: la Locanda La Molara. C’è tutta sé stessa in quella costruzione in pietra immersa nel verde: sogni, sacrifici, paure, desideri e le ricette della nonna rivisitate con i migliori prodotti del territorio.
E chi danzava fino a un anno fa, cosa fa adesso? Soffre e avverte l’impossibilità di creare nuove coreografie come la mancanza di un arto, una mutilazione del corpo e dell’anima. Maria Cira Iacomino dice di sé: I am a dancer! Ma questo non le basta e dopo aver aperto una scuola di danza con la sorella si è guardata intorno, i costumi e i tutù che vedeva non le piacevano. Ha aperto una azienda, una sartoria, dove li disegna e li realizza. Tutù unici, fatti su misura con disegni sorprendenti escono da Palcoscenico, la sua azienda. Ma se non si danza non servono tutù e l’impresa muore, così, avvia la produzione di mascherine che tutti indossiamo e consegue la certificazione ministeriale. Per rimanere in piedi e non licenziare non basta: mette in cantiere la produzione di abbigliamento femminile.

La creatività come antidoto

La creatività è l’antidoto contro un mercato del lavoro disintegrato, il coraggio e la determinazione sono il baluardo che contrapponiamo al disastro totale. L’ISTAT ha, nei giorni scorsi, reso pubblici i dati sui tassi di occupazione degli ultimi mesi: a dicembre 2020 sono 101.000 i posti di lavoro bruciati, di questi 99 mila erano occupati da donne. Se guardiamo il secondo trimestre dello scorso anno eravamo a meno 470 mila occupate rispetto allo stesso trimestre dell’anno precedente. Il tasso di occupazione femminile in Italia, sceso al 48,4%, è l’ultimo in Europa. A questo – non va dimenticato – bisogna aggiungere il divario tra le diverse zone del Paese: al Sud, prima della pandemia segnavamo un meno 30% rispetto al dato nazionale. Partivamo male, adesso ci troviamo tra le macerie. Gettare la spugna? Mai!

Mettersi in rete rigenera

La pandemia ha reso evidente quel che già sapevamo: è necessario lavorare in rete e a farlo si impara. Di cosa hanno bisogno le micro imprese, le libere professioniste le piccole realtà del Terzo settore? Di arrivare ai potenziali clienti, di essere raccontate, valorizzate e promosse. Hanno bisogno come l’ossigeno di creare relazioni, reti, rapporti. Lavoriamo a questo guardando con speranza al futuro ma senza mai perdere la consapevolezza che tutto dipenda da noi, dalla nostra capacità di essere costruttrici. Quella capacità che la piattaforma WEgate – European Gateway for Women’s entrepreneurship – creata dalla Commissione europea nel 2016 per favorire l’incontro tra le associazioni di imprese femminili di 32 Paesi ci ha riconosciuto segnalandoci tra le best practices: tra le tante associazioni presenti siamo la realtà più giovane e l’unica nata a sud di Roma.

Posted in: Storie di vita | Tagged: consulenza, creatività, donne, essere costruttive, impresa, interprisin girls, lavoro, lavoro femminile, pandemia, ricavare, ristoranti

IL POTERE CREATIVO DELLA DONNA

Posted by carlab on 15 Novembre 2020 | Leave a response
donne e pittura

Ospitare l’arte

A Potsdam, nel magico scenario offerto dal bellissimo parco che costeggia il lago di Wannsee, si è aperto uno spazio dedicato alle donne che “fanno” arte. E’ stato un’idea di Susanne Ahlefelder che, dopo la pensione, ha deciso di dare una svolta alla sua vita e iniziare un nuovo percorso.
Abbiamo avuto occasione di incontrarla e intervistarla.

lago di wansee

Come ti è venuta l’idea di aprire una galleria d’arte?

Insegnavo, poi sono andata in pensione. Avevo più pace e tempo per pensare, mi sono guardata alle spalle e ho deciso di mettere a frutto le conoscenze e l’esperienza che avevo accumulato per una vita.
Avevo studiato arte e avevo un seminterrato disponibile.
Ho pensato di reinventarmi trasformandolo in una galleria d’arte “al femminile”.

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Visionari, brava gente

Perché la scelta di dedicare la tua galleria solo alle donne?

Ancora quando studiavo, negli anni ’70, c’era l’obiettivo di portare la partecipazione delle artiste alle esposizioni, almeno al 30% ma neppure ora, dopo ben 50 anni, questo obiettivo è stato raggiunto!
Mentre le studentesse d’arte sono più del 50% del numero totale di studenti dei licei artistici e scuole d’arte, quelle che riescono ad esporre e a farsi conoscere rimangono ancora la minoranza.

A cosa è dovuta, a tuo parere, questa minore visibilità delle artiste?

Le donne “fanno” l’arte, creano, ma non riescono a esporre perché non hanno abbastanza fiducia in sé stesse e quindi non sono abbastanza combattive. Gli uomini “si fanno avanti”, hanno più relazioni e contatti, una rete maggiore. Ecco, io voglio aiutare a creare una rete maggiore anche per le donne. Dare spazio alla loro creatività, aiutarle ad avere più fiducia in sé stesse.

Perciò, anche se ora ho richieste per esporre nella mia galleria anche da artisti uomini di buon livello, rimango ferma nel mio proposito di riservare la mia galleria solo alle artiste donne.

La Gallerie di Susanne è la “ ARTAFFAIRES”, Behringstr 92, 14482 Potsdam. Germania

Alcune opere della monografica dedicata all'artista Simon Westphal

alcune opere della monografica dedicata all'artista Simon Westphal.
alcune opere della monografica dedicata all'artista Simon Westphal.
alcune opere della monografica dedicata all'artista Simon Westphal.
alcune opere della monografica dedicata all'artista Simon Westphal.
alcune opere della monografica dedicata all'artista Simon Westphal.

BIOGRAFIA
BIOGRAFIA

Susanne Ahlefelder
ha compiuto studi di storia dell’arte e lingue romane a Colonia, Bonn e Parigi. Ha lavorato ai musei di Colonia ed è stata insegnante di liceo a Berlino. Ha un figlio e una figlia!
Nel 2017 ha fondato la Galleria d’arte “Artaffaires” in Behringstr 92, 14482 a Potsdam, che ha già al suo attivo 6 esposizioni di 7 artiste.

Il sito web di Susanne è: www.artaffaires.de

Posted in: Storie di vita | Tagged: accademia, arte, artiste, donne, gallerie, licei, mostre, pittura, potsdam, scultura

IL POTERE CREATIVO DELLA DONNA

Posted by carlab on 8 Novembre 2020 | Leave a response
angelo che si affaccia su paesaggio

Saper immaginare diverse soluzioni ai problemi quotidiani, che rigenerano i percorsi usuali, rinnovandoli e aiutandoci a superare le difficoltà. È una capacità connessa alla creatività che possediamo naturalmente. Troppo spesso la mancanza di fiducia in noi stesse ci spinge a sottovalutare questa potenzialità così importante. Impariamo a coltivarla. Ci guidano alcune riflessioni di Francesca Vitelli, fondatrice e presidente del Network nazionale EnterprisinGirls, uno spazio dedicato a far nascere e crescere la creatività femminile.

di Francesca Vitelli

Visionari, brava gente

Che differenza c’è tra vedere ed essere visionari? Cosa ci spinge ad andare oltre l’ordinarietà? È la creatività, il bisogno di dar forma all’immaginazione che ci fa andar oltre. Esistono vari tipi di creatività, c’è quella funzionale a trovare soluzioni a necessità quotidiane – cosa posso mettere in tavola di appetitoso e originale con quello che ho in dispensa – e quella necessaria a superare il confine tra sopravvivere e vivere. Il processo creativo ha vari livelli, non siamo tutti geni e la creatività di Leonardo da Vinci apparteneva soltanto a lui, ma ognuno di noi – alla nascita – riceve in dote una certa attitudine a cimentarsi con essa. Crescendo decidiamo se coltivarla, allevandola con pazienza e coraggio, o sopirla in nome di una adultità che reclama attenzione verso traguardi più “concreti”.

gioconda con mascherina

La creatività è concreta?

In vero la creatività è parecchio concreta e permea tutti gli ambiti del nostro vivere, chi decide di soffocarla rinuncia al piacere della scoperta, al sapore della sfida, al brivido che regala il veder confermata una intuizione, alla bellezza di un pensiero che sezionato, ponderato, sperimentato e collaudato diventa realtà. Bisogna esser temerari per assecondare la propria creatività? Forse sì, poiché essa richiede tempo e dedizione da sottrarre ad altro e mai si accompagna con la garanzia che la nostra visione sia coronata da successo. Però…però senza creatività che vita sarebbe?

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Il potere creativo della donna.

Giocare con la creatività

Ricordo che nei lunghi pomeriggi invernali dell’infanzia, quando il buio dilagava presto, inventare giochi, passatempi e attività era il modo per sottrarsi agli artigli della noia. Le pagine illustrate di un libro erano lo spunto per dar vita a nuove storie, gli oggetti di uso comune servivano per costruire macchine del tempo, un vecchio teatrino di burattini era il lasciapassare per un mondo colorato. Ma allora la fantasia e la creatività sono la stessa cosa! È dunque vero che la creatività allontana dalla concretezza quotidiana per farci evadere in un mondo irreale con meno affanni? No, non lo credo.

creare

Fantasia e creatività: processi multiformi

Penso che la fantasia sia propedeutica alla creatività, la prima è la fase di elaborazione del pensiero, la seconda, attiene alla verifica di fattibilità di un progetto nutrito con la fantasia. Il processo creativo, in qualsiasi ambito, modalità, misura e aspetto si eserciti è irrinunciabile.
In sua mancanza esisteremmo senza misurarci con nessuna delle pericolose, entusiasmanti, frustranti e bellissime avventure quotidiane. Spesso mi sono imbattuta in chi considerava la creatività sinonimo di artisticità o abilità manuale: sono creative e creativi coloro che realizzano oggetti tangibili, escludendo l’idea che il processo creativo è multiforme, fluido e dinamico e si presta, con la sua gradualità, a innumerevoli interpretazioni che ricadono anche nel regno dell’immateriale.

Superare i limiti con occhi nuovi

Il mio lavoro è basato sulla individuazione dei punti di forza di una impresa e lo sviluppo di una strategia di valorizzazione che comporti crescita e sviluppo, oltre le competenze è necessaria una attitudine: la creatività. In questo periodo in cui le relazioni, i viaggi e la possibilità di visitare mostre, ascoltare concerti, andare a teatro ed esercitare i sensi che stimolano le sinapsi sono azzerate bisogna far appello a tutte le nostre risorse affinché la creatività non avvizzisca e continui ad abitare le nostre vite. Come? Non rinunciando ad andare oltre l’ordinarietà, anche nelle piccole cose. Quando si rinuncia alla visionarietà la creatività si spegne. Essere visionari non vuol dire avere allucinazioni o la testa tra le nuvole ma godere della dote di saper guardare alle cose, al mondo e alla vita con sguardo “altro”, uno sguardo capace di generare innovazione, diversità, originalità. Tutto il resto è copia, tutto il resto è noia.

Francesca Vitelli
Pubblicazioni
Francesca Vitelli

Francesca Vitelli

Nasce a Napoli nel 1968 e dopo aver conseguito il diploma di maturità al liceo classico si laurea con lode nel dicembre del 1992 in Scienze Politiche con una tesi sulla FAO nella quale dedica un capitolo al ruolo delle donne nel processo di sviluppo nei paesi del Terzo Mondo.
Fino al 1998 lavora per diverse testate giornalistiche e inizia la sua carriera nel mondo della formazione e della progettazione. Vince un concorso alla Camera di Commercio di Napoli per la consulenza alle PMI e si forma all’Istituto Guglielmo Tagliacarne. Dal 2001 al 2005 dirige il settore tecnico dell’ufficio provinciale di Napoli di una delle tre associazioni di categoria del mondo agricolo, entra nel direttivo e segue le “donne in campo” pubblicando per la Commissione Regionale Pari opportunità una ricerca sul lavoro delle donne in agricoltura. Avvia la libera professione di consulente d’impresa.
Nel 2002 vince un concorso alla Camera di Commercio di Napoli e fino al 2004 è consulente per l’imprenditoria femminile e lo start up di impresa per lo sportello ATHENA del Comitato per l’imprenditoria femminile.
Nello stesso periodo è membro del Nucleo di valutazione del Comune di Piano di Sorrento (Na).
Nel 2002 è consulente della III Commissione “Programmazione, Agricoltura, Turismo ed altri settori produttivi” della Regione Campania in materia di accesso ai finanziamenti da parte delle imprese a valere su fondi FEOGA  per la formazione e lo sviluppo di impresa.
Dal 2004 al 2012 è direttore dell’ente di formazione e ricerca UPN di Napoli
Dal 2006 al 2014 è responsabile della progettazione, gestione, rendicontazione. Monitoraggio  e valutazione di interventi formativi e sviluppo per le imprese a valere su fondi Ue, nazionali e fondi interprofessionali per la Confesercenti di Napoli.
Nel 2014 crea il network nazionale EnterprisinGirls e ne diventa la presidente, carica che ricopre a tutt’oggi, www.enterprisingirls.it.
Dal 2014 cura mostre d’arte contemporanea in Italia e all’estero.

 

Pubblicazioni

I prodotti tipici e la sicurezza per i consumatori, a cura di Francesca Vitelli e Domenico Mollica, 2002  ed. Direzione Provinciale di Napoli della Confederazione Italiana Agricoltori e Camera di Commercio di Napoli
Donne e agricoltura, Meridione Sud e Nord del Mondo atti del convegno Napoli 2002
La crisi del nocciolo, atti del convegno, Visciano 2003
I prodotti agricoli si coltivano, non si fabbricano – I problemi della tracciabilità in agricoltura, 2004 ed. Direzione Provinciale di Napoli della Confederazione Italiana Agricoltori e Camera di Commercio di Napoli
Cibele: l’altra metà della terra, ed. Direzione Provinciale di Napoli della Confederazione Italiana e Commissione Regionale Pari Opportunità –  2005

Posted in: Storie di vita | Tagged: creatività, donne, leonardo, potenziale, studio
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