COME ORIENTARSI TRA ALIMENTI PROCESSATI, SALUTE E SCELTE CONSAPEVOLI

Sviluppare nel tempo la capacità di conservare il cibo è stata una conquista indispensabile per la nostra sopravvivenza. Ma oggi, nell’era dell’industrializzazione avanzata, la linea di confine tra ciò che è semplicemente conservato e ciò che è trasformato in modo estremo, diventando un prodotto molto diverso dall’originale presente in natura, è sempre più sottile. Esploriamo insieme i diversi livelli di lavorazione degli alimenti, i rischi connessi all’abuso di cibi ultra-processati e come orientarci verso scelte più consapevoli. Con un approfondimento sulla dieta mediterranea e sulla riscoperta del valore dei cibi freschi e stagionali.
La conservazione degli alimenti: una conquista millenaria
La possibilità di conservare gli alimenti ha rappresentato un progresso fondamentale per l’umanità. Prima dell’avvento del frigorifero, la tradizione mediterranea ha fatto affidamento su metodi semplici ed efficaci: essiccazione, fermentazione, salatura, sottolio, sottaceto, conserve fatte in casa. Queste tecniche hanno permesso di superare le stagioni avverse, ridurre gli sprechi e garantire il cibo per lunghi periodi.
Anche oggi, la conservazione è alleata della buona alimentazione, soprattutto quando avviene con metodi delicati come il sottovuoto, il freddo, la fermentazione. Questi sistemi moderni, se ben utilizzati, consentono di mantenere intatte le proprietà nutrizionali degli alimenti, senza necessariamente comprometterne la qualità.
Il problema nasce quando si passa dalla conservazione alla trasformazione industriale spinta.
Cosa succede davvero ai cibi "troppo" trasformati?
Nel tentativo di offrire prodotti sempre più pratici, accattivanti, gustosi e durevoli, l’industria alimentare spesso va oltre la semplice conservazione: processa i cibi modificandone consistenza, sapore e aroma con l’aggiunta di additivi fra cui conservanti, esaltatori di gusto, coloranti e dolcificanti artificiali.
Il risultato? Spesso si finisce per mangiare più del dovuto, attratti da un gusto intenso e costruito, che non corrisponde più a quello originale dell’alimento. Alcuni additivi, pur essendo legalmente autorizzati, non sono del tutto privi di effetti collaterali, specialmente se consumati regolarmente in grandi quantità. Tra questi ci sono, per esempio, dolcificanti sintetici, emulsionanti, addensanti e stabilizzanti.
In questo scenario, orientarsi può diventare complicato. Un supporto per interpretare le offerte del mercato è la classificazione NOVA, elaborata da un gruppo di ricercatori dell’Università di San Paolo, in Brasile, guidato dal professor Carlos Augusto Monteiro, epidemiologo e nutrizionista di fama internazionale.

La classificazione NOVA: una bussola per capire cosa mangiamo
La classificazione NOVA suddivide gli alimenti in base al loro grado di lavorazione:
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Gruppo 1: alimenti non trasformati o minimamente trasformati, come frutta e verdura fresca, legumi secchi, carne e pesce freschi, latte, uova.
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Gruppo 2: ingredienti culinari trasformati, come oli, burro, zucchero e sale, ottenuti dalla lavorazione di alimenti del gruppo 1.
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Gruppo 3: alimenti processati, che combinano ingredienti dei gruppi 1 e 2, come pane, formaggi, conserve vegetali, legumi in scatola, carni affumicate.
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Gruppo 4: alimenti ultra-processati, che contengono ingredienti industriali non usati in cucina, fra cui sciroppi di glucosio, proteine isolate, additivi, e che sono frutto di lavorazioni multiple.
È soprattutto il gruppo 4 a sollevare preoccupazioni tra gli esperti.
I rischi per la salute: cosa dicono gli studi
Un numero crescente di studi ha associato il consumo elevato di alimenti ultra-processati a diversi rischi per la salute, tra cui aumento di peso e obesità; ipertensione e malattie cardiovascolari; diabete di tipo 2; sindrome metabolica; alterazioni del microbiota intestinale; maggiore incidenza di depressione e stati infiammatori cronici.
In particolare, i cibi ultra-processati contribuiscono spesso a un eccessivo apporto di zuccheri semplici, grassi saturi, sale e calorie vuote, a fronte di un contenuto povero di fibre, vitamine e nutrienti protettivi.
Come ridurre il consumo di cibi ultra-processati
Per limitare il consumo di alimenti ultra-processati non servono regole complicate, ma un po’ di attenzione e qualche buona abitudine. Leggere sempre le etichette è un primo passo importante: in genere, meno ingredienti ci sono, meglio è. È bene fare attenzione a voci come “aromi”, “stabilizzanti”, “emulsionanti”, che indicano un’elevata lavorazione. Scegliere alimenti freschi, o poco trattati, come frutta, verdura, legumi secchi, cereali integrali, latticini e pesce freschi, è una scelta vincente. Nel contempo, ridurre i prodotti confezionati, spesso favoriti per comodità ma ricchi di additivi, può fare una grande differenza. Infine, cucinare in casa, con piatti semplici, è uno dei modi più efficaci per mantenere chiarezza su ciò che mangiamo e riscoprire il piacere del cibo autentico.

La dieta mediterranea tra freschezza, conservazione e sostenibilità
La dieta mediterranea è un valido orientamento per alternare con armonia cibi freschi e conservati. È importante superare una delle semplificazioni più comuni: ridurre la dieta mediterranea a un paio di “super ingredienti”, come l’olio extravergine d’oliva o i pomodori, invece di comprenderla come un sistema culturale e alimentare completo. La sua forza risiede nella combinazione equilibrata degli alimenti, nella cucina semplice, nella scelta di prodotti locali e stagionali e in un rapporto consapevole con l’ambiente.
Un’arte di vivere che ha valorizzato anche le conserve casalinghe — come pomodori pelati, verdure sottolio, yogurt e altri prodotti fermentati, confetture— nate per garantire disponibilità di cibo tutto l’anno, senza rinunciare alla qualità. Tuttavia, alla base c’era sempre l’idea di portare a tavola qualcosa di fresco, quotidianamente, mantenendo un legame diretto con la terra e con i suoi ritmi.
Oggi, tecniche moderne come il sottovuoto e il freddo permettono di conservare gli alimenti in modo delicato, mantenendone il profilo nutrizionale. Il problema non è la conservazione in sé, ma la trasformazione spinta che spesso snatura il cibo per renderlo più accattivante e meno sano.
La dieta mediterranea, dunque, non è un menu rigido, ma uno stile di vita, replicabile ovunque, se si rispettano questi principi di qualità, sobrietà e relazione con il territorio.
Bibliografia
Bibliografia
- Monteiro, C.A. et al. NOVA. The star shines bright. World Nutrition, 2016.
- Santos, J.P. et al. Food processing and cardiometabolic risk factors: a systematic review. Rev Saude Publica, 2020;54:70.
- Pagliai, G. et al. Consumption of ultra-processed foods and health status: a systematic review and meta-analysis. Br J Nutr., 2021 Feb 14;125(3):308–318.
- Hess, J. et al. Dietary Guidelines Meet NOVA: Developing a Menu for a Healthy Dietary Pattern Using Ultra-Processed Foods. J Nutr., 2023 Aug;153(8):2472–2481.
- Brigham and Women’s Hospital. A Mediterranean Diet Reduces Mortality Risk in Women. JAMA Network Open, 2024.