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Le trasformazioni della donna
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Uno spazio di scambio dedicato a tutte le donne per imparare a stare bene con se stesse

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resilienza

RESPIRARE…CON IL CUORE

Posted by carlab on 11 Febbraio 2021 | Leave a response
donna che respira

di Fiorenza Zanchi

Il respiro. La forza che tiene in vita il corpo, che sostiene la vita. Così naturale che normalmente neppure lo percepiamo. Ma in questo momento al centro dell’attenzione a causa del Covid-19 la patologia che ha cambiato i nostri giorni obbligandoci, tra l’altro, proprio a controllare il respiro, a divenire consapevoli della sua capacità di “portare il mondo in noi e noi nel mondo”. Ecco un percorso per riscoprirne il senso.

Crescere nonostante le difficoltà

 Un abbraccio, un bacio, anche solo una stretta di mano sono diventati “tabù”, perché avvicinano troppo: la bocca e il naso vanno coperti per non incontrare il respiro altrui.
In questa sorta di sterilizzazione dei rapporti imposta da SARS-CoV-2 ,
riuscire a “dare un senso” a ciò che sta accadendo aiuta a non arrendersi alla desolazione delle lontananze e della mancanza di contatto e può trasformare questa prova in una occasione di crescita.

buddha che respira

Chakra, l’universo in noi

I simboli, come quelli dei chakra, i centri di energia dell’antica disciplina Yoga che racchiudono e descrivono i diversi piani della realtà(1), possono aiutare, attraverso le analogie suggerite proprio dalla necessità di contenimento del nostro spazio di respiro, dalla paura e dall’impossibilità di scambio, dalla stessa difficoltà a respirare…

A partire dal chakra cui pare relata questa funzione.
Anahata chakra: localizzato nel cuore, al centro del torace e correlato all’elemento aria: centro del respiro e centro dell’Amore, della virtù e della saggezza (2). La “dimora della misericordia”, della “pietas”, dove alita Pavana, signore del vento: soffio, respiro, spirito vitale.
Essere in Anahata significa sviluppare quella che il Shatchakra Nirupana chiama misericordia e il Dalai Lama compassione: “l’unica via contro la rovina collettiva”.

“L’autentica compassione è un sentimento onnicomprensivo che si estende a tutti: agli amici come ai nemici. “(3)

Non il sentimento e lo stato mentale dominante oggi.

Anahata è in pericolo ?

Dunque è questo il chakra che sembra essere il centro della crisi di questo periodo così difficile che stiamo vivendo, il centro della prova che stiamo affrontando.

Simbolo di equilibrio ed Empatia (ἐν, “in” e –πάθεια “sofferenza”: patire, soffrire, sentire dentro, essere nella stessa sofferenza) profonda, contatto intenso con l’altro, proprio quel contatto che ora pare negato.

Simbolo di quel salto di consapevolezza che, anche dal punto di vista fisico, elevandoci al di sopra del diaframma nel regno aereo dei polmoni, ci consente di abbandonare il mondo viscerale, ovvero per analogia ma non solo, anche per neurofisiologia, il mondo delle pulsioni incontrollate che ci dominano, per entrare in un luogo aereo più leggero e sottile, dove anche la volontà consapevole gioca la sua parte, portando dal dominio dei visceri a quello dello spirito/psiche.

respiro flebile

Se il corpo cambia, lo spirito cambia, l’universo cambia(4)

In Anahata si cambia, si “cresce”. Ci si solleva al di sopra di Manipura, il chakra precedente collocato al centro dell’addome, il cui elemento è il fuoco, la “pienezza dell’energia”(5) ma capace di costringere sotto il diaframma, prigionieri di una visceralità cieca che guida l’agire, se in Manipura prevale, con Rudra il distruttore, il fuoco delle passioni viscerali, della rabbia, dell’aggressività, dell’Ego che regna sovrano (5).
“Rabbia, aggressività, ira sono il prodotto di menti nevrotiche e infelici” (6)
“La maggior parte degli esseri umani, oggi, è imprigionata nella trappola infernale dell’Ego”(7).

Un’aria “irrespirabile”

Nei simboli è come se questo virus obbligasse a toccare con mano come il mondo viscerale, l’Ego chiuso in sé stesso in balia del suo “fuoco” magmatico, possa diventare “una trappola infernale”, rendere l’aria irrespirabile.
Basta pensare come è dura la nostra società, in particolare, ma non solo, con le nuove generazioni stritolate da un ingranaggio senza “compassioni”, costrette a scontrarsi ogni giorno con un mondo di spietata competizione dove il Cuore è il grande assente e si vive realmente in una Apnea continua per l’ansia e l’incertezza del domani.  Anahata si chiude. Lo spirito, il respiro si chiude. E …
 – fa sperimentare come questa chiusura sia solitudine, separazione dal mondo, mancanza di libertà, sofferenza…
– suggerisce di ampliare la nostra capacità di mettere una maggiore consapevolezza al di sopra di tutti i riflessi viscerali che normalmente guidano la nostra respirazione e la nostra vita, per la maggior parte del tempo.  
– invita ad avviare il processo di “trasformazione” del nostro stato mentale, delle emozioni grossolane e viscerali in un sentimento di consapevolezza, di attenzione, di apertura al mondo, di superamento della paura.

Salire ad Anahata, aprire il cuore

Che significa non sentirsi in balia degli eventi e non rinunciare ad aprire il cuore, anzi fare rete più che mai e creare sempre più spazi di comunicazione, non chiudersi al mondo ma ampliare i propri orizzonti, senza rinunciare alla prevenzione della virosi, ma cercando nuove soluzioni di comunicazione.

Significa amare il mondo che ci circonda:
– incrementando gli stili di vita che migliorano le condizioni dell’ambiente, l’alimentazione sostenibile, il produrre meno scarti possibile, consumare meno e inquinare meno, usare l’energia (luce, gas, acqua…) con parsimonia…
– occupandoci di persone più fragili, magari il vicino di casa, anche solo usando il telefono per scambiare una parola di conforto…
– non rinunciando mai alla cura di sé, all’attività fisica, anche solo una bella passeggiata tutti i giorni, cercando luoghi tranquilli..
Tutte cose che si possono fare.
L’importante è non chiudersi nel proprio mondo, non isolarsi nel proprio io ma, nel vero senso della parola, fare un respiro profondo e aprire il cuore.

apnea
BIBLIOGRAFIA
BIBLIOGRAFIA

(1)F.Zanchi – “Introduzione” in: “I Chakra – l’universo in noi”
Albanese-Cella – Zanchi – ed. Xenia
(2)F.Zanchi- “Se il corpo cambia lo spirito cambia- Yoga e medicina a confronto” in: “I Chakra – l’universo in noi” Albanese-Cella – Zanchi – ed. Xenia
(3)Dalai Lama intervista – espresso.repubblica.it>cultura> 2015/01/05
(4) Aforisma Yoga
(5)C.G.Jung – “Commento psicologico sul Kundalini Yoga” in: L’immaginale –

rassegna di psicologia immaginale – 6 – anno 4° Aprile 1986
(6) Dalai Lama – discorso alla consegna del premio Nobel per la pace 1989
(7)F.Lamendola LA TRAPPOLA DELL’EGO – Accademia Adriatica di Filosofia
2 mar 2018 — Francesco Lamendola. Articolo d’archivio.

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RESILIENZA E ELASTICITÀ IL FEGATO AIUTA

Posted by carlab on 26 Marzo 2020 | Leave a response
albero isolato in un campo

Di Carla Barzanò

Regola il metabolismo, governa l’utilizzazione e la sintesi dei principi nutritivi . È un vero filtro “antitossine” fondamentale per tutti i processi di depurazione. Inoltre, il fegato sostiene il ruolo di sentinella della milza che stimola il sistema immunitario a intervenire quando è necessaria una difesa.
In questo momento delicato proteggerlo è particolarmente importante per favorire le difese, oltre ai processi di rigenerazione e di rinnovamento primaverili. Non perdetevi d’animo, anche se la condizione di clausura forzata sembra isolare da tutto …La natura prosegue il suo corso e possiamo aiutarla, dentro e fuori di noi, assecondandola con attenzione verso i meravigliosi ingredienti che ancora ci offre, nonostante tutto. Ecco qualche consiglio per trarne beneficio, con grande riconoscenza per la disponibilità di cibo.

Il menu mediterraneo fa bene

Una dieta equilibrata, ispirata al menu mediterraneo, molto varia e ricca di alimenti freschi e vitali, fra cui cereali integrali, ortaggi e frutta di stagione è la ricetta migliore per aiutare il fegato. Come risaputo, possono invece alterare la sua indispensabile funzione alcolici, menu squilibrati, cibi scadenti e ricchi di additivi, abuso di farmaci. Lo sovraccaricano inutilmente anche pasti irregolari e/o molto abbondanti e sostanze indesiderabili presenti negli alimenti, come i residui di fitofarmaci usati in agricoltura. Il primo passo per proteggerlo e depurarlo, quindi, è rivedere il menu sfrondandolo di alcuni ingredienti a favore della qualità e di un ritmo armonioso dei pasti.
Nelle prossime 2-3 settimane provate a concentrarvi su questo. Approfittate del rallentamento dei ritmi legato alla situazione per prestare maggiore attenzione a ciò che portate a tavola, per voi e per la vostra famiglia.
Non lasciatevi suggestionare da alcune delle proposte “detox” suggerite dalla della rete, che offrono miracolose pozioni troppo spesso realizzate con cibi “morti” depauperati della loro energia vitale. Al contrario. Specialmente ora avete bisogno di ingredienti appetitosi, freschi, che fanno bene e risollevano l’umore

Grassi di qualità e menu zuccheri semplici

A partire dai condimenti. Se è vero infatti che un eccesso di grassi, soprattutto se surriscaldati, può essere dannoso per il fegato, l’olio extra vergine d’oliva crudo meglio di produzione biologica, è un vero e proprio elisir. Fluidifica la bile, prevenendo la formazione di calcoli alla cistifellea e lo protegge dai danni ossidativi. Tre-quattro cucchiai al giorno a tavola non devono quindi mancare, soprattutto come condimento crudo, accompagnati, se possibile, da succo di limone.
Da rivedere, invece, è il consumo di zuccheri semplici. Attenzione, in particolare, al fruttosio, monosaccaride con un potere dolcificante elevato presente (insieme al glucosio) nel normale zucchero da cucina, nel miele, ma anche in molti dolcificanti alternativi, non del tutto a ragione proposti come variante salutare dello zucchero. È il caso, per esempio, dei concentrati di frutta aggiunti a marmellate e altri prodotti dolci, ma anche degli sciroppi d’agave, aloe e diversi addolcenti ricchi di fruttosio. Il loro abuso può favorire il cosiddetto “fegato grasso”, scientificamente “steatosi epatica”, che compromette la funzionalità del fegato.
La steatosi epatica, una volta collegata all’abuso di alcol, oggi è sempre più frequente anche fra i giovani, e persino fra i bambini che non bevono alcolici, proprio per l’eccessivo consumo di dolci e di fruttosio, spesso addizionato anche ai prodotti dedicati all’infanzia, come fuori pasto e bevande. Per questo è raccomandabile leggere bene le etichette dei prodotti confezionati, senza lasciarsi ingannare dalla dicitura “senza saccarosio” che non esclude, comunque, la presenza di zuccheri aggiunti.
A estratti e sciroppi, meglio favorire il dolce naturale della frutta tal quale, anche cotta, eventualmente addolcita con frutta secca, che per quanto ricca di fruttosio, lo contiene “diluito” con diverse sostanze protettive, fra cui le preziose fibre.
Se in questi giorni avete voglia di dolci, sbizzarritevi con frullati, frutta cotta, al forno, a vapore, o stufata con spezie e poca acqua. Anche torte, biscotti , crespelle, realizzati con farine integrali, in particolare grano e avena, frutta, olio evo, o yogurt, e poco miele possono fare per voi.

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Il cibo che aiuta ad adattarsi

Proteine in primo piano

Sono molto importanti per assicurare l’attività del fegato. Ma gli eccessi non servono. Anzi. Alcune ricerche sembrano mostrare che un abuso di proteine, soprattutto di origine animale, può alterare la funzionalità epatica. D’altra parte anche ridurle non è raccomandabile. Chi alle proteine favorisce i carboidrati semplici rischia infatti di accumulare grassi nel fegato.

Quali proteine?

Alternate a ogni pasto le proteine vegetali derivate dai legumi (ceci, piselli, lenticchie, fagioli, fagioli mung, fave) con quelle animali di uova, formaggio, yogurt, carne magra e pesce (sempre che non siate vegetariane). Tralasciate, comunque, carne e pesce processati e conservati a favore di prodotti freschi.
L’ideale, per utilizzare al meglio le proteine senza sovraccaricare il fegato, è abbinarle sempre a carboidrati complessi, come quelli dei cereali integrali e della verdura. Un accorgimento, questo, che aiuta fra le altre cose anche a mantenere in equilibrio il peso.

verdure

L’armonia nel piatto

Meglio quindi favorire piatti composti da una combinazione equilibrata di proteine, grassi, carboidrati. Le possibilità sono infinite, a partire dalla tradizione mediterranea. Pasta e fagioli, riso e piselli, zuppa di pesce con pane, polenta con ragù di carne o di legumi, per esempio, sono piatti unici che rispecchiano questo modello. Altre ispirazioni possono venire dalla cucina orientale, che prevede la combinazione di riso con ingredienti proteici come pollo, tofu o pesce. Il tutto cucinato in modo leggero, senza intingoli, insaporito con erbe aromatiche e spezie delicate. Le più indicate sono coriandolo, zenzero (possibilmente fresco), semi di finocchio, cumino, curcuma, menta.
È importante aggiungere sempre una porzione abbondante di ortaggi freschi, in particolare, in questa stagione, carciofi, cicoria, scorza amara, barba di frate, tutti i tipi di insalata verde. Senza scordare di favorire ai cereali raffinati quelli biologici, integrali in alternanza fra loro, in prima fila riso, grano saraceno, frumento, avena. Anche a cena non occorre rinunciarvi. Piuttosto, alleggerite le porzioni. Unite la frutta, se desiderata.

E per colazione?

Quello del mattino dovrebbe essere il pasto più importante della giornata e se non dovete correre al lavoro approfittatene per valorizzarlo. Mettete in tavola cereali integrali, accompagnati, sempre, da una fonte di proteine: latticini, meglio fermentati, uova, creme di legumi. Il tutto accompagnato da ortaggi, frutta e un buon tè verde, ricco di principi attivi che proteggono il fegato.

Le bevande

Accanto al tè verde del mattino (da non utilizzare nelle ore pomeridiane e serali per non compromettere il sonno) l’acqua è certamente la bevanda migliore, eventualmente arricchita con succo di limone, o succhi di frutta senza zuccheri aggiunti, in piccole quantità. Bastano 2-3 cucchiai per dare un tocco stuzzicante, che incoraggia a bere a sufficienza. Accantonate, in questo periodo, alcolici e caffè e favorire decotti, in particolare a base di cardo mariano, tarassaco, bardana, oppure la classica “scorzetta”, realizzata con scorza e succo di limone.

Quando serve un aiuto in più

In situazioni particolari, se il fegato è affaticato, sono di supporto anche alcuni integratori alimentari. La nostra esperta in questo settore ve ne parlerà prossimamente.

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RESILIENZA E ELASTICITÀ: ACQUIETARE LA MENTE

Posted by carlab on 10 Marzo 2020 | Leave a response
YOGA SUL FIORDO

Come adattarsi ai cambiamenti mantenendo equilibrio e armonia?
Continua il nostro percorso sulla resilienza con la guida di Pierluisa Robecchi, che ci aiuta a rafforzare questa capacità indispensabile per il benessere, specie in un momento che ci espone più che mai al rischio di perdersi nell’accavallarsi e accumularsi degli stimoli negativi che ci circondano.

Di Pierluisa Robecchi

Ritrovare la virtù

La posizione

Trovate una posizione comoda, sedute a terra, a gambe incrociate, sollevando il bacino, eventualmente con il supporto di un cuscino, in modo che le ginocchia siano alla stessa altezza delle anche. Sentite gli ischi ben appoggiati, la schiena diritta, senza irrigidirla, le spalle rilassate. Lasciate riposare le braccia con le mani poggiate sulle cosce.
Tenete il volto rilassato, gli occhi chiusi, o socchiusi, non focalizzati. Percepite l’energia che a spirale sale dalla base della colonna sino al vertice del capo, sostenendola naturalmente.
Se siete scomode, sedetevi su una sedia, o sdraiatevi a terra con un cuscino sotto il capo. Queste posizioni sono consigliabili quando la schiena vi fa male, siete troppo stanche o malate. Qualunque sia la postura che sceglierete, fate in modo che il corpo sia a suo agio e rendetela stabile.
chiudete gli occhi e permettete al corpo di dimorare nel suo stato naturale di quiete e rilassamento.

pesaggio

Prima di iniziare

chiedetevi come potete rendere la vostra esistenza più significativa, appagante, soddisfacente e felice. Questa sarà la motivazione che guiderà la vostra pratica. Se avete individuato una qualità, per esempio, la gioia, la perseveranza, l’amore, l’abbondanza …Immagiate che questa Virtù-qualità inondi il vostro essere in ogni parte, in ogni cellula, sotto forma di luce dorata, permei la vostra mente, sino a riempirvi completamente e permettervi di farne esperienza.

Aprite gli occhi

e senza affaticarli teneteli aperti per tutta la durata della pratica (quando siete stanche chiudeteli per un poco o sbattete le palpebre) senza focalizzarli. E’ come se guardaste nel vuoto. Iniziate con il rendere stabile questo strumento meraviglioso della mente con l’affinare l’attenzione e la focalizzazione.

scultura zen

Contate 21 respiri

sentendo con attenzione le sensazioni tattili create dall’aria che entra ed esce dalle narici. Nello stesso tempo come un testimone, accorgetevi dello stato della vostra mente. Se in quel momento è agitata, calma, sonnolenta o vigile. Fate in modo che l’attenzione al respiro, la vigilanza introspettiva che osserva la mente siano unite a un senso profondo di confortevolezza e di rilassamento che sorge dal vostro interno.

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Guidare la mente con l'aiuto del respiro

Quando avrete terminato il conteggio

dei 21 respiri, osservate il campo mentale, dove si manifestano pensieri, immagini, sentimenti, emozioni, memorie, desideri, paure, e di notte i sogni.

yoga al tramonto

Mantenete un’attenzione periferica al respiro

come se si trattasse di un salvagente che vi fa galleggiare sulle onde, osservate qualsiasi cosa vi venga in mente. Fatelo senza intervenire né tenere le cose sotto controllo. Semplicemente come un testimone, lasciate che i pensieri sorgano vi passino davanti e scompaiano. Intanto la vostra consapevolezza è a riposo, dimorando nella quiete, sebbene la mente sia attiva. Lentamente la mente invece di oscillare fra l’eccitazione e la fiacchezza abituale, pian piano riuscirà a dimorare e stabilizzarsi nel suo stato di base naturale calmo e chiaro.

Notate se la vostra consapevolezza è capace di un rilassamento

tanto profondo da poter osservare questi eventi mentali senza intervenire, lasciandoli sorgere, dimorare un poco e poi svanire. Riuscite a rimanere rilassate e calme anche quando i pensieri che vi passano per la mente sono agitati?
In questa pratica la consapevolezza riguarda il campo della mente, è qui che la rendete vivida e chiara, stabile .Qualsiasi cosa sorga lasciate che appaia e se ne vada senza frapporre ostacoli, restando calma e serena.


Posted in: Benessere | Tagged: allungamento, concentrazione, meditazione, pensiero, pensiero positivo, Perluisa Robecchi, posizione, resilienza, respiro, salute, schiena, serenità, stare bene, yoga

RESILIENZA: UNA VIRTÙ DA COLTIVARE

Posted by carlab on 28 Gennaio 2020 | Leave a response
tempesta

di Fiorenza Zanchi

Resilienza. Termine oggi molto di moda sicuramente non a caso dato che attraversiamo un’epoca così carica di mutamenti continui e veloci che di “resilienza” ne abbiamo sempre più bisogno!

barca nella tempesta

Il termine, come forse già sapete, deriva dal latino “resalio”, (iterativo di “salio”) che connotava, tra l’altro, il gesto di risalire su un’imbarcazione capovolta dalla forza del mare: l’atteggiamento di andare avanti senza arrendersi, nonostante le avversità della vita: difficoltà, cambiamenti, frustrazioni, lavorative o meno, sofferenza, lutti …

Mi piego ma non mi rompo ..

E a rinforzare questo significato, il primo concetto espresso da “resilienza” sembra attribuirsi alla metallurgia ed è ancora più interessante: indica la capacità di un metallo di resistere alle forze che vi vengono applicate: cambiare forma ma senza rompersi: il contrario della fragilità, ad esempio quella di un bicchiere di vetro che, sotto sforzo, non potendo cambiare forma, si rompe!

bicchiere rotto

E così anche in campo psicologico il termine è venuto a rappresentare la capacità di affrontare e superare un evento traumatico o un periodo di difficoltà senza “rompersi” appunto: chi è resiliente è all’opposto di chi è facilmente vulnerabile.
Ugualmente il concetto di “resilienza” è applicabile in modo esattamente analogo al nostro corpo.
In entrambi i casi, corpo e psiche, per non “rompersi” si tratta di essere flessibili, duttili, elastici, proprio come il metallo forgiato dal fabbro.

“Le avversità possono essere delle formidabili occasioni”

Thomas Mann

A partire, come scriveva Mann, dal vedere i cambiamenti come una prova, una sfida da trasformare in un’opportunità, piuttosto che una privazione o una minaccia.

klimt tre età della donna

I cambiamenti del corpo legati alle età di transizione della vita femminile, ad es., sono sempre una “prova”: modificano i confini abituali, il modo di pensarsi, di vedere la forma e percepire la struttura del corpo, la sua capacità di rispondere alle richieste, di assecondare i ritmi…implicano periodicamente la necessità di far spazio a una nuova “identità” che si va delineando.
Quelli legati ad epoche come l’adolescenza o la gravidanza in genere, anche se non sempre, sono vissuti con naturale “resilienza”, altri come quelli della menopausa e più in generale, del passare degli anni, sono meno facili da affrontare.

“Mi è venuta la pancia!”

All’approssimarsi dei fatidici 50, è proprio il modificarsi della forma fisica che scatena ansia e tensioni: ”mi è venuta la pancia, non mi riconosco più!”, “Io non sono mai stata così!” “mi sento gonfia, sformata” … in effetti non è affatto semplice né scontato accettare i cambiamenti di questa epoca della vita specie in una cultura che tende ad enfatizzarne gli aspetti di “perdita di un privilegio biologico” piuttosto che le potenzialità evolutive. A partire dalla considerazione che la menopausa è una caratteristica essenzialmente umana, tanto che tra le varie ipotesi, è stato suggerito che abbia avvantaggiato la nostra specie nel corso dell’evoluzione, sollevando la donna dagli stress e dai pericoli della gravidanza e permettendole di aumentare le conoscenze culturali e trasmetterle agli ultimi nati.

Hanno detto...
Hanno detto...

“Avviandosi verso il grande giubileo del numero 50,
la femmina è liberata dalle sue emorragie.
Liberata dalla procreazione ella dovrà, a questa età,
affrontare il suo proprio divenire,
esso stesso creatore.
Esteriormente essa invecchia,
ma interiormente ella incontra la gioia
di mettere al mondo sé stessa.” Annick de Souzenelle

Pensare le trasformazioni di questi anni come la “modificazione di un destino biologico”, quello legato alla riproduzione e dominante nelle altre specie, in favore di una evoluzione culturale, personale e collettiva già aumenta la resilienza.

gravidanza

Come statue di sale?

D’altra parte inseguire modelli di persistente giovinezza, efficienza, produttività, rischia di Irrigidire nello sforzo di mantenere inalterata una forma precedente che preme per modificarsi. Si investe una grande quantità di energia: tempo, soldi, fatica, disagi, ansie, a volte dolore .. per non cambiare forma. Una disposizione fisica e psichica rivolta a un passato percepito a priori come migliore, sfavorevole alla “resilienza”.

moglie di Lot

Viene in mente la biblica moglie di Lot (Genesi 19) che, assalita da nostalgia per ciò che stava lasciando, si trasformò in una statua di di sale per essersi voltata a guardare indietro

L’indeformabilità rende fragili

Come per il bicchiere di vetro, il timore del cambiamento, “l’indeformabilità” rende fragili, vulnerabili: lo stress è l’esatto contrario della resilienza. Accogliere il cambiamento, naturalmente imparando a guidarlo, senza essere passivamente in balia della natura, ma senza forzarla, essere più “resilienti” può essere un vantaggio per la salute del corpo, della mente e del cuore.

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IL CORPO INSEGNA: RISCOPRIRE E ACCOGLIERE L’IDENTITÀ FEMMINILE

Posted by carlab on 18 Marzo 2019 | Leave a response

Riflessioni di una ginecologa

di Fiorenza Zanchi

– Nel libro “La bambina che non esisteva” Siba Shakib, scrittrice e regista iraniana che si è molto occupata della condizione delle donne in Afghanistan, descrive questo dialogo tra una ragazzina, Gol-Sar e un ragazzino, Samir:
“dopo che ti sei alzata cosa fai, chiede Samir,“…nulla, non faccio nulla”, …“Nulla?”, “Accendo il fuoco, dice Gol-Sar” “E poi?” “Nulla” dice Gol-Sar, ride, “…. accendi il fuoco e poi?”, “E poi vado al torrente a prendere l’acqua.” “E poi?” “E poi metto la pentola sul fuoco, sveglio i miei fratelli e sorelle più piccoli, li lavo e, se ce l’abbiamo, dò loro il tè. Poi impasto il pane, lo cuocio, torno al ruscello, lavo i vestiti, pulisco la tenda porto le capre al pascolo. … Nulla è una vita piena di Nulla”

Credo che, al di là del contesto, questo brano metta a nudo con estrema immediatezza il sentimento di disvalore e totale sottovalutazione che ancora oggi percepisco dominante, o mi viene riportato da tante donne che incontro nella mia professione, rispetto ad una miriade di incombenze, di lavoro senza orari né riposi o festività e tanto meno retribuzione, che la maggior parte di esse svolge quotidianamente, spesso in aggiunta ad altre occupazioni, senza quasi accorgersi di quanto fa e senza alcuna considerazione per ciò che fa.

Prendersi cura, accogliere, contenere, nutrire e trasformare: ciò che io chiamo il “femminile del femminile” e che nei simboli e nelle tradizioni rimanda al principio acquatico e lunare del femminile.

Acqua e Luna: un femminile ripudiato?

Acqua: capace di adattarsi a tutte le forme senza mai perdere la propria forma.

Metafora di disposizione all’inclusione, all’ascolto, al dialogo, alla relazione, al sentimento, senza timore di spezzarsi o di perdere sé stesse. Simbolo di quell’incredibile flessibilità che tutti i giorni sperimentiamo nell’abilità alle mansioni più disparate, spesso svolte contemporaneamente proprio come fa Gol-Sar e con essa disposizione all’unitarietà e alla sintesi.

Luna: capace di continuo mutamento.

Metafora di disposizione a trasformarsi e a trasformare. Simbolo di quella “erraticità” del mondo femminile profondamente connessa al ritmo ciclico del corpo della donna. Spesso interpretata solo negativamente è, al contrario, disposizione a vedere e comprendere la realtà sotto molteplici punti di vista, ad associare ragione e emozione, contemperare esigenze proprie e altrui, contesto interno e esterno, peraltro oggi ben dimostrata dalle numerose conferme scientifiche della maggiore attitudine all’integrazione che contraddistingue il cervello delle donne.

Nonché rinnovamento perenne, vita, “resilienza”.
Un lavoro femminile che raccoglie dunque la sapienza del corpo stesso delle donne e l’esperienza di generazioni di donne; ma tutto questo per Gol-Sar, come per tante donne, è “nulla”.

Un lavoro “invisibile”

Se in un circolo di amiche, come mi è capitato non molto tempo fa, ognuna racconta cosa fa nella vita, operaia, manager, artigiana, intellettuale, giornalista, tutte hanno un ruolo, tranne chi si trova nella posizione di Gol-Sar, che generalmente tende a stringersi nelle spalle e a dire “Nulla” io non faccio nulla.
Un sentimento di inadeguatezza, sfiducia e sottovalutazione delle proprie competenze e dei propri punti di vista, intuizioni, sentire immediato e spontaneo. Sentimento reso forse più acuto dal confronto sempre più ravvicinato e diffuso con la sfera lavorativa maschile: rapida, rigidamente lineare, solo razionale, continuativa, analitica, a cui ancora viene immancabilmente attribuito maggiore valore, anzi “il valore”.
Questo naturalmente non lo dico per indurre un ritorno alle mura domestiche e ai fornelli, ma per riflettere sulle funzioni, sulle specificità di un sapere e un potere del femminile così fondamentale, in qualsiasi ambito lo si voglia spendere e tuttavia, ancora oggi, così poco valutato sino al “Nulla”, percepito ancora trappo spesso dalle donne stesse.

Al contrario di un meccanismo produttivo che ha invece ormai ben chiare le potenzialità femminili di “multitasking”, ovvero capacità di svolgere più funzioni contemporaneamente, “empatia”, ovvero capacità di com-prendere l’altro, “resilienza”, ovvero capacità di assorbire una trasformazione senza rompersi.. e le utilizza sempre più ai propri fini trascinando nei propri ingranaggi donne troppo sovente neppure consapevoli del valore di cui sono portatrici.

Ciclicità, maternità e produttività: quale conciliazione?

Per non parlare dei conflitti che la persistente mancanza di reale “pari opportunità” per questi aspetti del femminile comporta.

In occasione dell’8 Marzo, l’agenzia di stampa britannica Reuters ha condotto una serie di interviste da cui emerge come molte neomamme in tutto il mondo sperimentano ansia e sensi di colpa al momento del ritorno al lavoro dopo il congedo di maternità, nonché preoccupazioni riguardo al prendersi una pausa dal lavoro per dare alla luce e accudire i loro neonati. Non solo, alcune temono che le politiche di maternità delle loro nazioni riflettano una società che predilige la produttività rispetto alla crescita dei figli.(1)

Penso a una giovane ostetrica da poco mamma che mi diceva: “sa dottoressa, mi sento sempre inadeguata e in colpa, se sono in casa con il bambino perché mi sembra di trascurare il lavoro e se sono al lavoro perché mi sembra di trascurare il bambino!”
O a una paziente cui si erano arrestate le mestruazioni, (come succede a tante!), perché la tensione lavorativa che la richiedeva sempre produttiva, attenta, controllata, “ragionevole”, era così forte che qualsiasi suo bioritmo, fluttuazione, “erraticità”, si era bloccato! E allora hai un bel dare la pillola, in realtà non si fa che mascherare un disagio che resta e anzi diventa sempre più profondo.

Il corpo insegna

Perché in realtà qualsiasi dimensione-stato d’animo- sofferenza o gioia, qualsiasi trasformazione della donna, si riflette molto facilmente sulla mestruazione e sulle funzioni fisiche proprie del femminile: fertilità, gravidanza, menopausa.
Gli stress, i conflitti, le problematiche sono il più delle volte espressi come alterazioni del ciclo mestruale, prima ancora di essere realizzati come modificazioni di stati d’ animo o sofferenza emotiva e psichica. Quindi anche molto prima che siano recepiti consapevolmente.
E quanti ne vedo di questi problemi e sovente c’è dietro proprio uno sforzo di reprimere i propri ritmi, i propri stati d’animo, le proprie emozioni/intuizioni, dunque una sorta di estraniamento da sé stesse, per “omologarsi”, per sentirsi accettate in una cultura che da secoli considera queste parti appunto “imprevedibili, volubili e inaffidabili” (2): inferiori, “nulla”.

<..interiorizzando quella sorta di “diavolo” culturale che svaluta in noi stesse, prima ancora che dall’esterno, tutto ciò che viene “dal fluttuare e dall’erraticità dell’anima femminile, dal sentimento e dalla guida dell’eros,” > (3)

E dunque induce le donne, per sfuggire al “nulla” dello stereotipo dell’angelo del focolare, a gettarsi a capofitto in un mondo lavorativo tuttora costruito sul modello maschile.

Una sintesi nuova

Oggi è un po’ come se fossimo in bilico, a un punto di svolta su una strada che, nonostante tante conquiste, mette ancora continuamente in discussione questa parte centrale della dimensione femminile, senza punti di riferimento e senza quasi che ce ne accorgiamo più, salvo ammalarsi (solo le anomalie del ciclo mestruale rappresentano in più del 15% dei casi il motivo che induce a rivolgersi al medico)
Quindi per star bene, per essere in forma, anzi per trovare la “nostra forma” abbiamo bisogno di ricontattare questa parte e avviare una sintesi nuova
Allora a questo punto la domanda è: come fare?
Da dove iniziare per ricontattare quella porzione della propria identità che ancora rimane sprofondata nel “nulla”, per ri-comprenderne la dignità, il valore, direi quasi la “necessità”, per uscire dal “nulla”?
Un punto fermo c’è ed è il CORPO. Vero e proprio “libro” in cui dobbiamo imparare o re-imparare a leggere e da cui possiamo partire per riflettere e riprendere contatto con le radici profonde dell’identità femminile.

Un percorso al femminile

Il percorso che propongo, parte proprio dal corpo della donna, dalle sue specificità, ritmi, esigenze, trasformazioni, dalla sua forza e dalla sua fragilità, rilette e decifrate attraverso le conoscenze scientifiche ma anche attraverso la lente dell’analogia e del simbolo vera e propria guida ad un approccio olistico capace di integrare elementi razionali con elementi della sfera emotiva, relazionale, ambientale.

“Rare sono le presone che usano la mente, poche coloro che usano il cuore, uniche coloro che le usano entrambe” (Rita Levi Montalcini)

Un percorso “al femminile” che dia la possibilità di sperimentare anche quelle voci interiori che consentono di dare forma ad una identità autentica, al di là dei modelli e delle censure, anche superando l’attuale cultura prevalentemente “razionale”, per trovare nuove vie.
E’ un viaggio affascinante perché realmente “Il corpo insegna“ e proprio attraverso le sue leggi possiamo imparare a “vedere” e ritrovare il valore di tutto quello che sino ad ora abbiamo solo guardato o addirittura subito.

1- Fonte: Reuters Health ( 7/3/’19 – Versione italiana Quotidiano Sanità/Nutri &Previeni)
2- C.Pinkola Estes ”Donne che corrono coi lupi” ed. Sperling & Kupfer

Posted in: Corpo e mente, Riflessioni e suggerimenti | Tagged: acqua, bambina che non esisteva, conflitti, corpo insegna, cuore, femminile, Fiorenza Zanchi, funzioni, ginecologa, identità autentica, imparare, impegno, lavoro, luna, mente, mestruazioni, montalcini, nulla, potere, resilienza, riflessioni, riscoprire identità, siba shakib, stress

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