In questo momento le vacanze paiono una meta lontana ma immaginare un momento di pausa in un luogo tranquillo e ricco di bellezza può essere confortante. Ecco la storia di una imprenditrice che coltiva da tempo la dimensione di una accoglienza speciale, generosa, intima, e vi aspetta a braccia aperte appena sarà possibile raggiungerla. Per sognare un po’, insieme.
In viaggio verso nuovi amici
Sempre più spesso il viaggio, la vacanza, è la ricerca di un’esperienza. “Questa casa non è un albergo” tuonavano – e forse ancora tuonano – i genitori quando i figli cominciano a sentire il richiamo del mondo esterno e a considerare le pareti domestiche esclusivamente come luogo dove consumare i pasti, avere un letto per dormire e usufruire di un servizio lavanderia. In alcuni casi, però, una casa che non è un albergo ha un’accezione di tutt’altro tipo: è il caso di Villa Rosanto. Immersa in un giardino, con l’agrumeto e l’orto coltivati con metodo biologico circondati da installazioni artistiche, Villa Rosanto si adagia a mezza collina in una frazione di Massa Lubrense, non lontano da Sorrento. Attorniata dal verde, a poca distanza, dal mare la casa si trova in un piccolo borgo in cui si è mantenuta la dimensione del villaggio: la piazza, la chiesa, qualche attività commerciale e una manciata di case. Qui gli ospiti sono accolti come amici venuti da lontano. Amici a cui far assaggiare i sapori locali raccontando l’importanza della dieta mediterranea, stimolando l’interesse per la storia millenaria dei luoghi e il desiderio di fare escursioni, passeggiate e gite in barca.
Che questa grande villa, costruita con il marito Raffaele, dovesse diventare un luogo in cui accogliere gli amici venuti da lontano è un’idea alla quale Maria Iasevoli pensava da tempo, un progetto preciso: offrire la possibilità di vivere un’esperienza immersiva. Insieme lavorano affinché il soggiorno sia ricco di bei momenti: propongono escursioni, gite e visite nelle vicine aziende, curano il giardino in cui hanno inserito la piscina, la vasca idromassaggio e una doccia sotto un arco in pietra, coltivano l’orto e indirizzano, consigliano, informano su come andare a visitare gli scavi di Pompei, arrivare a Capri in barca, fare una passeggiata percorrendo i sentieri dell’area marina protetta della baia di Ieranto, visitare i musei e scegliere i luoghi più belli dove andare per un bagno di mare e sole. Maria vuole, però, che la sua idea di ospitalità diventi un progetto familiare e coinvolge i figli, Rosa studentessa universitaria e Antonio al quarto anno dell’istituto nautico, dando alla casa il loro nome: Rosanto.
Arte in giardino
Negli anni, con l’amico artista Franco Ruocco, il giardino si è popolato di creature fantastiche scolpite in materiali poveri, più di un riciclo un up grade artistico, un tronco di legno abbandonato sulla riva è diventato un delfino, un foglio di latta ha dato vita a un mondo sottomarino di pesci colorati che popolano la parte del giardino prospiciente la piscina, un blocco di tufo ha preso sembianze femminili, pezzi di vaso rivivono assemblati in insoliti collage, mascheroni di terracotta occhieggiano da piccoli archi dei muretti a secco.
Esperienze indimenticabili
Villa Rosanto è un luogo insolito dove nulla è casuale e tutto appare naturale, dove agli ospiti viene offerta la possibilità di visitare il vicino caseificio in cui si lavora il fior di latte di Sorrento, dove il profumo dell’agrumeto pervade le serate estive, dove a fine maggio ci si può incantare guardando le lucciole danzare al crepuscolo. L’obiettivo di Maria è fare di un luogo creato con i propri cari la meta per chi voglia vivere una vacanza in cui scoprire l’identità di un territorio attraverso i sapori, le leggende, le storie, le feste patronali, i profumi, gli appuntamenti artistici. Soprattutto adesso, in un momento di incertezza che spaventa e lascia senza punti di riferimento per il futuro, si lavora per offrire una vacanza nella natura da vivere quando ci si sarà lasciati alle spalle questa terribile esperienza collettiva della pandemia. Per gli ospiti-amici si prepara un ventaglio di panorami da vedere, pietanze da assaggiare, bellezze di cui innamorarsi, mestieri da scoprire e il mito da cui anche Ulisse fu rapito: quello delle sirene che popolano questi luoghi. Quando la paura sarà superata e la battaglia alle spalle potremo tirare un sospiro abbandonandoci alla dolcezza dei luoghi e di chi ci accoglie. No, decisamente, questa casa non è un albergo.
A Summonte, in Irpinia, uno dei borghi più belli di Italia, inerpicato a 700 metri di altezza, una giovane donna ha aperto La locanda La Molara, per condividere con gli ospiti ingredienti e ricette della sua tradizione famigliare. A partire dalla mela, che trasformata dalle sue mani sapienti offre un gusto antico che conduce alla scoperta di un territorio immerso nella pace, ricco di bellezza e di storia.
Di Francesca Vitelli
La mela nasconde un universo
La mela è un frutto dai molteplici valori simbolici: la troviamo nell’antica Grecia come rappresentazione della fecondità. Nella Genesi viene identificata con il peccato, secondo alcuni erroneamente, poiché il frutto incriminato doveva essere un altro. Più tardi, per la sua forma sferica indicherà il mondo, quindi il potere temporale e successivamente in essa si trasfigurerà la sapienza. Le mele ci accompagnano, fin dall’infanzia, con le numerose varietà che punteggiano la campagna dell’intero stivale. Da Nord a Sud ognuno ha la sua cultivar: dolce, aspra, croccante, molle, dalla buccia rossa, gialla, verde e dalle dimensioni piccole, medie e grandi. Ricca di acqua, fruttosio, fibre e vitamine è povera di glucosio e regola l’assorbimento degli zuccheri. Fa parte della nostra dieta al punto da considerarne il consumo proverbiale: “una mela al giorno leva il medico di torno”. Ognuna, con il suo profumo e il suo potere olfattivo evocativo, riporta alla memoria ricette e ricordi legati a momenti della nostra vita. In ogni famiglia si custodisce una ricetta da tramandare: una torta, una crema, una crostata, una confettura, una salsa per accompagnare la carne che cristallizza nel tempo stati d’animo e sapori.
La madeleine di Proust e la mela di Isabella
Per qualcuno un dolce con la mela è diventato la personale versione della madeleine di Proust, è successo a Isabella Preziuso, chef che dei ricordi dell’infanzia e delle ricette della nonna ha fatto tesoro cullando un’idea fino a farla diventare impresa: preparare pietanze che facciano bene al corpo e all’anima. È nata così la Locanda La Molara, con il suo camino crepitante in inverno e il suo patio ombreggiato in estate, accoccolata a oltre settecento metri di altitudine in uno dei Borghi più belli d’Italia, Summonte in Irpinia. Ci si arrampica lungo i tornanti perché al termine dell’ascensione si sarà ripagati dall’accoglienza in un luogo dove assaggiare la cucina tipica di queste montagne reinterpretata alla luce di nuove suggestioni. Il profumo di cannella che avvolgeva la casa della nonna nei freddi pomeriggi d’inverno di un paesino dell’Appennino campano, la cura e l’affetto, così presenti da diventare tangibili, hanno accompagnato Isabella negli anni fino a prendere forma in una ricetta che mette insieme ricordi, nostalgia, dolcezza e prodotti del territorio. La mela che mangiava da bambina era quella che vedeva sugli alberi del nonno. Da questi alberi, che oggi suo fratello coltiva con metodo biologico, viene la mela bianca di Grottella, una varietà di renetta dolce, succosa e compatta, dal persistente sentore aromatico, avvolta in una buccia gialla e sottile, color champagne.
In Ottobre, quando la luce del giorno lascia troppo presto il passo al buio, il profumo delle mele appena colte inonda la cucina di Isabella che per questo delicato frutto ha cercato accostamenti particolari, arricchendo il suo gusto antico: oltre la cannella una riduzione di Greco di Tufo, il noto vino bianco DOGC irpino, la crema pasticciera e del cioccolato. Prende forma così un dessert caldo, che unisce passato e presente attraversando tre generazioni per valorizzare il territorio. Nel suo lavoro, quello che ha scelto, Isabella dà forma al cibo per ricordare i momenti felici: l’aspettativa di un profumo percepito entrando in casa in una fredda sera d’inverno, il profumo delle verdure dell’orto estivo, lo scandire le stagioni e le festività attraverso i sapori, il senso di serena tranquillità che l’alternarsi dei prodotti della natura assicura. La sua è una cucina in cui gli ingredienti si mescolano ai ricordi, alle sensazioni e ai sentimenti.
Per chi volesse condividere un pomeriggio d’infanzia reinterpretato da Isabella.
Ingredienti per 4 persone:
4 mele Renetta Champagne
40 gr zucchero di canna
una spolverata di cannella
250 ml di Greco di Tufo
per la crema pasticciera:
4 uova
60 g di zucchero
40 gr di farina
½ litro di latte
una buccia di un limone coltivato biologicamente
100 gr di cioccolato fondente
Preparazione:
preriscaldare il forno a 180° foderare con la carta da forno una terrina e lavare bene le mele, privandole del torsolo. Riempire lo spazio lasciato dal torsolo con lo zucchero e la cannella, posizionare le mele nella terrina e innaffiarle con il vino. Far cuocere nel forno per 1 ora circa. Per preparare la crema, riscaldare il latte con la buccia di limone. Nel frattempo montare i tuorli delle uova con lo zucchero in una ciotola, finché diventano spumosi. Unire la farina e mescolare bene. Unire il tutto al latte caldo e cuocere a fuoco lento, mescolando, fino a quando la crema si addensa. Con l’ausilio di una “sac a poche” inserire la crema nello spazio interno delle mele in cui precedentemente si era messo lo zucchero con la cannella. Cospargere le mele di scaglie di cioccolato e rimetterle al forno, fino a quando queste saranno fuse.